Temporary Manager: quali sono le differenze con i colleghi stranieri?

La figura del Temporary Manager italiano non si discosta poi molto dagli omologhi colleghi europei. Con essi condivide le origini, le finalità e gli obiettivi, ossia nasce come conseguenza del processo di razionalizzazione e di efficientamento aziendale nel taglio dei propri dirigenti e manager che, immettendosi nel mercato ed adottando forme contrattuali estremamente flessibili e temporanee, mettono a disposizione di aziende in “sofferenza” conoscitiva e manageriale le proprie conoscenze e il proprio know how per il tempo strettamente necessario.

Tuttavia, a differenza dei contesti europei, il fenomeno del temporary manager è scarsamente sviluppato tra le aziende ed ostacolato, a volte, dagli stessi imprenditori che non ne percepiscono il valore strategico temporaneo o non forniscono le opportune leve di governante e di delega. A ciò si deve aggiungere la scarsa attenzione del quadro normativo italiano, salvo le eccezioni di alcune leggi regionali, e dalla incuranza da parte del legislatore di voler regolamentare, tutelare e inquadrare la neonata figura professionale. A questa vacatio legis sopperiscono le poche associazioni di categoria italiane impegnate alla formalizzazione ed alla certificazione delle professionalità del temporary manager, a tutela non solo dei propri colleghi operanti nel settore ma anche delle stesse aziende e degli imprenditori clienti al fine di garantirne la qualità e la certezza dei risultati e delle attese.

Attualmente in Italia, sussiste una forte diffidenza di fronte alle figure di temporary management in quanto vengono percepite come un servizio innovativo e poco compreso, oltre che confuse con forme progettuali temporanee ben più popolari e disciplinate (contratti di consulenza, a progetto, ricorso a società interinali di somministrazione del lavoro). In questo momento, dunque, le aziende preferiscono assumere manager temporanei attraverso società interinali specializzate per un’inerzia culturale ed una estrema rigidità contrattuale e di propensione all’innovazione.

A differenza del mercato inglese caratterizzato da una consolidata maturità nel riconoscimento e ricorso al temporary management (in cui si stimano circa 5.000 interim manager tra indipendenti ed associati), quello italiano vive una fase di introduzione/sviluppo dell’operatività dei temporary manager.

Un’altra sostanziale differenza consiste nel fatto che i colleghi d’oltralpe sono nati anche a seguito del processo di privatizzazione di importanti gruppi industriali pubblici (del settore delle commodity, Energy, public utilities, ecc.) che si contrappone alla spinta italiana causata dai licenziamenti ed alle riorganizzazioni conseguenti alla recente crisi macroeconomica anche a livello locale.

Dott. Alessandro Catania