Studio professionale: quali possibili modelli di Organizzazione?

Nel mio precedente articolo ho concluso dicendo che organizzazione significa anzitutto definire chi fa che cosa e quando lo fa con l’obiettivo di massimizzare l’efficacia e l’efficienza del proprio lavoro e delle proprie risorse. Detto ciò che cosa significa concretamente organizzare per uno studio professionale? Quali sono i modelli ricorrenti con i quali i professionisti potrebbero confrontarsi e trarre dei validi suggerimemti? Ovviamente non potrò essere esaustiva né sarò in grado di presentare soluzioni chiavi in mano. Infatti dobbiamo comunque partire dall’affermazione che lo studio professionale deve sempre utilizzare dei modelli organizzativi tali da tener conto della tipologia dei propri clienti e delle loro specifiche problematiche e richieste di sapere specializzato non standardizzato. Inoltre, non ultimo, il modello organizzativo adottato dipende in gran parte dagli obiettivi che lo studio si pone, dalla dimensione dello studio, dalla numerosità dei collaboratori e dalla tipologia di servizi offerti. È il mix di tutti questi elementi che deve far riflettere sull’esigenza di come e quando organizzarsi e su quale sia la migliore soluzione. In base alla mia esperienza in Italia è ampiamente diffuso lo studio professionale tradizionale caratterizzato dalla presenza del titolare, leader indiscusso con al massimo 1 segretaria e alcuni collaboratori. Tutta l’attività, così come la tipologia di servizi offerti, ruota attorno al titolare indispensabile sia nella gestione del cliente sia per la fase di esecuzione materiale del lavoro. Non esistono processi di delega in quanto nulla si crea e nulla si distrugge senza la presenza diretta e la decisione finale del leader. Ovviamente in questa situazione introdurre una forma di organizzazione che definisca ruoli e responsabilità formalizzate avrebbe poco senso. Significherebbe irrigidire lo studio senza trarne dei benefici concreti. Il titolare vorrà infatti sempre e comunque mantenere il proprio ruolo di accentratore (non per nulla si parla di organizzazione “a satellite”) basato sulle proprie capacità professionali e individuali sulle quali avrà basato la propria attività. Quale potrebbe essere allora l’obiettivo organizzativo per il nostro studio one man band? Sarà sicuramente quello di ottimizzare la propria attività attraverso una migliore gestione delle informazioni e del tempo, aspetto quest’ultimo molto sentito dai professionisti. Esistono a questo scopo strumenti informatici (ricordate? Organizzarsi significa massimizzare l’efficienza e l’efficacia delle proprie risorse incluse quindi anche quelle informatiche) che supportano in modo semplice la gestione integrata del cliente, dei contatti, dell’agenda, della fatturazione e di tutti gli aspetti di cui uno studio professionale deve occuparsi.

Prendiamo ora in considerazione uno studio con molti collaboratori per gestire ampi volumi d’attività. Tanti collaboratori richiedono una struttura diversa da quella presentata nel precedente esempio. In questo caso è necessaria l’introduzione di un modello organizzativo che tenda a standardizzare le attività di tutti in modo da proporre un servizio omogeneo ai clienti. L’organizzazione non  può essere accentrata sul singolo, ma deve essere piramidale: ciascun collaboratore ha una sua mansione ben definita con responsabilità via via decrescenti dall’alto verso il basso. In questo caso è utile definire le mansioni di ciascuno e introdurre sistemi informativi che consentano la rilevazione delle attività di ciascun collaboratore (time sheet per consuntivare il tempo speso sulle singole pratiche) e la loro standardizzazione.

Vi sarete resi conto a questo punto che, come detto nella premessa, esistono modelli organizzativi diversi, a volte diametralmente opposti. Il suggerimento a chi fosse interessato sarà quello di porsi dei dubbi e delle domande sulla propria organizzazione e, se necessario, introdurre pochi, ma efficaci cambiamenti , tutti con l’obiettivo di raggiungere la massima efficienza. Non è quindi il caso di dedicare un po’ d’attenzione all’argomento?

Dott.ssa Simona CERCA