“Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Qual è la tua leva?

La frase pronunciata da Archimede parlando della leva rende bene come oltre alla consapevolezza di voler cambiare, la volontà duratura di attuare il cambiamento, occorra un’azione concreta che faccia da punto di appoggio per la metamorfosi di un’azienda artigianale in una PMI.

Qual è l’unicità della tua produzione o del tuo servizio? In che cosa ti distingui concretamente dai tuoi concorrenti? Qual è l’elemento che fa la vera differenza verso la tecnologia tradizionale del settore in cui operi?

Non parlo solo di output produttivo, parlo anche di processo industriale, di software sviluppati in casa, di competenze specifiche costruite sperimentando.
Non sempre le aziende artigianali brevettano quanto inventato. In altre parole, non creano una barriera all’ingresso da parte di altri concorrenti perché pensano che nessuno sia in grado di replicare quanto esse hanno sviluppato, se non a costo di ripetere tutti gli errori che l’azienda in questione ha incontrato e risolto con sforzi di ricerca e sviluppo e investendo tempo.

La leva non può essere il prezzo basso. Questo vale forse a tutt’oggi nella minuteria metallica, un settore dove il valore aggiunto è basso e dove importare dalla Cina, per ora, non è così conveniente soprattutto per i tempi di consegna e i costi di trasporto.

Ma questa azienda è esposta all’andamento delle aziende committenti che, a loro volta, subiscono l’andamento del cliente finale e del mercato. Quindi la loro posizione è debole.

Queste aziende artigiane sono alla fine della filiera, sono terzisti che subiscono le decisioni di altri. Non parleranno mai al cliente finale. Il loro interlocutore è un committente di primo o secondo livello ed è quest’ultimo che detta il prezzo di acquisto e i tempi di consegna.

L’azienda artigianale di qualità o hi-tech deve essere in grado di individuare l’elemento o una composizione di elementi che possono trasformarla in una “boutique” super specializzata.

Faccio un esempio concreto. Un’azienda artigiana afferma di aver sviluppato un know-how unico al mondo nell’incisione laser di stampi in 3D. Questo know-how è veramente unico? Sostituisce o si affianca a tecnologie più tradizionali? C’è richiesta di mercato per l’applicazione di questo know-how? A quanto posso fatturare questa unicità? Come posso raggiungere i clienti finali interessati alla mia invenzione o innovazione?

Il primo passo è comunicare questa specificità al mondo interessato. Ma per comunicare qualcosa ho bisogno di nominarla. Non possono dire: “Noi siamo gli unici a possedere queste macchine“, “Solo noi abbiamo sviluppato un tecnologia di incisione unica“. Questa non è comunicazione. Si può comunicare solo qualcosa che si riesce a definire in modo specifico.

Nel caso citato, l’azienda hi-tech ha coniato il termine Design Rendering Engineering (DRE), sotto il quale ha raccolto tutto il suo know-how di progettazione e di produzione basato sia sullo sviluppo di software che di hardware. Oggi la sua comunicazione, via media di settore, web e web 2.0, punta sull’affermazione del DRE. Nome che è stato registrato. “Senza il DRE sono solo macchine“, è un concetto che oramai distingue questa azienda da tutta una miriade di artigiani che pullulano nel settore dell’incisione (chimica) di stampi.

Hanno trovato la differenza, le hanno dato un nome e la comunicano. Questa è una leva vera per fare sviluppo.

Dott. Giulio ARDENGHI | g.ardenghi[at]infoiva.it | www.businesscoachingefficace.com | Bergamo

Business Coach professionista, affianca imprenditori di grandi aziende e di PMI, manager e professionisti affinché sviluppino risorse utili a raggiungere i loro obiettivi professionali e personali con soddisfazione, velocemente, in modo misurabile e duraturo. È specializzato nei processi di cambiamento (professionali e aziendali) e nel lancio di start-up.Dopo la tesi (IULM- Milano) sulle Relazioni Esterne del Centro Georges Pompidou (Beaubourg) di Parigi ha iniziato il percorso professionale nel settore comunicazione, per proseguire nel marketing e commerciale. É stato per 25 anni manager di multinazionali italiane e straniere. Ha lavorato e vissuto a Londra, Singapore e Seoul. Ha raggiunto la posizione di direttore generale e poi ho deciso d’intraprendere l’attività di Business Coach che gli sta dando molte soddisfazioni. Ha conseguito un advanced master in PNL, un attestato di counselling in PNL, ha seguito corsi di Gestalt, l’Hoffman Process, ed ha partecipato ai seminari di Jodorowsky. È stato docente alla Scuola di Direzione Aziendale di Torino. Ha tenuto seminari in università italiane e straniere su temi della comunicazione, dell’innovazione, gestione e motivazione della forza vendita. Giornalista pubblicista, i suoi articoli specifici e dal taglio pratico su temi applicativi legati all’area del coaching ( start-up, come diventare imprenditori di se stessi, il vero cambiamento, migliorare la propria carriera, trovare la propria vocazione, autostima e leadership) sono pubblicati anche in Internet. Unisce una solida e comprovata esperienza di campo con una meticolosa preparazione di psicologia applicata. Gli piace definirsi un enzima: acceleratore di processi di trasformazione. Il suo motto è pragmatismo col cuore.