La casa coniugale (assegnazione in caso di separazione e divorzio)


di Matteo SANTINI

La casa coniugale o casa familiare è quel luogo fisicamente individuato (di norma corrispondente ad un appartamento) all’interno del quale i coniugi (o i conviventi more uxorio) svolgono la maggior parte della vita di coppia . Il diritto dell’assegnatario di un’abitazione già adibita a casa coniugale, si configura come un atipico diritto personale di godimento, trascrivibile e opponibile a terzi ai sensi dell’articolo 2643 del codice civile.

Con riferimento all’assegnazione della casa coniugale in caso di separazione o divorzio il nuovo testo dell’articolo 155-quater. del codice civile dispone che il godimento della casa familiare sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.

La norma contempla esclusivamente il criterio d’elezione che deve ispirare l’organo giudicante al momento dell’emissione del provvedimento di assegnazione ma non indica quali sono i criteri secondari sulla base dei quali deve essere orientata la scelta in caso di assenza di prole. Tale omissione, forse scientemente voluta dal legislatore, lascia ovviamente alle Corti di merito un vasto margine di discrezionalità relativamente all’assegnazione della casa coniugale.

E’ opportuno rilevare come la lettera dell’articolo 155 quater del codice civile in riferimento all’assegnazione della casa coniugale, consideri come elemento non esclusivo ma solo prioritario per effettuare la scelta, l’interesse dei figli. Questo significa che pur essendovi un criterio di “scelta”, tuttavia, il Giudice non è obbligato a disporre l’assegnazione al coniuge economicamente più debole (che non vanti sulla stessa diritti reali o di godimento), neanche se ad egli siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l’equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela di quello più debole possano essere perseguiti altrimenti. (Con sentenza n. 9071 del 21.06.2001 la S.C. ha cassato una sentenza che aveva sostenuto la decisione unicamente sulla necessità di garantire l’esigenza del figlio maggiorenne, incolpevolmente non autosufficiente, a permanere nell’abitazione originaria, insieme con il padre non proprietario della casa).

Ancora la Corte di Cassazione con sentenza n. 376 del 15.01.1999 ha stabilito che non esiste alcun obbligo a carico del Giudice di assegnare la casa coniugale al coniuge economicamente più debole, neanche se a lui siano affidati figli minori o con lui convivano figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti, qualora l’equilibrio delle condizioni economiche dei coniugi e la tutela di quello più debole possano essere perseguiti altrimenti (Cass. Civ. n. 376 del 15.01.1999).

In quest’ultimo caso la Corte (pur sotto la vigenza della vecchia normativa), si è spinta sino ad escludere qualsiasi riferimento all’interesse dei figli in ordine all’assegnazione della casa coniugale ponendo l’accento esclusivamente sul diritto di proprietà e sulle condizioni economiche delle parti e sulla tutela del coniuge debole.

Il corollario del suddetto principio è rappresentato dall’obbligo da parte del giudice di indicare, valutare e motivare le ragioni che, nell’esclusivo interesse della prole, lo inducano ad assegnare la casa familiare al coniuge con il quale la prole conviva, e tale obbligo assume sempre maggiore rigore, via via che aumenti l’età della prole, riducendosi con il passare degli anni la necessità di conservazione dell’ambiente familiare (Cass. Civ. n. 10797 del 29 ottobre 1998). Tale obbligo di motivazione assume infatti dimensioni di sempre maggiore puntualità ed aderenza alla fattispecie concreta, con l’aumentare l’età della prole, riducendosi con il passare degli anni la necessità di tale conservazione dell’habitat, con attenuazione del disagio psichico e materiale che si accompagna al mutamento dell’abitazione.

Solo qualora vi sia una situazione di cointestazione dell’immobile e non vi siano figli minori o maggiorenni conviventi, la valutazione delle condizioni economiche dei coniugi sarà presupposto prioritario ai fini dell’assegnazione della casa coniugale.

Cosi la Corte di Cassazione in sentenza n. 2070 del 23.02.2000: “Nell’ipotesi in cui la casa familiare appartenga ad entrambi i coniugi, manchino figli minorenni o figli maggiorenni non autosufficienti conviventi con uno dei genitori, ed entrambi i coniugi rivendichino il godimento esclusivo della casa coniugale, l’esercizio del potere discrezionale del giudice non può trovare altra giustificazione se non quella di, in presenza di una sostanziale parità di diritti, favorire quello dei coniugi che non abbia adeguati redditi propri, al fine di consentirgli la conservazione di un tenore di vita corrispondente a quello di cui godeva in costanza di matrimonio: da ciò consegue che, laddove entrambi i coniugi comproprietari della casa familiare abbiano adeguati redditi propri, il giudice dovrà respingere le domande contrapposte di assegnazione del godimento esclusivo, lasciandone la disciplina agli accordi tra i comproprietari, i quali, ove non riescano a raggiungere un ragionevole assetto dei propri interessi, restano liberi di chiedere la divisione dell’immobile e lo scioglimento della comunione. Ne consegue anche che, venuta meno la situazione che giustificava la temporanea compressione del diritto di comproprietà dell’ex coniuge non assegnatario, questi non può per ciò solo vantare alcun diritto al godimento esclusivo dell’abitazione della quale è mero comproprietario ma deve, in mancanza di accordo con l’ex coniuge assegnatario, proporre una domanda di divisione per lo scioglimento della comunione“.

Ciò sta a significare che l’assegnazione della casa coniugale cointestata, in presenza di un disequilibrio economico tra le parti, avrà come fine quello di riequilibrare le rispettive posizioni economiche, ma nel caso in cui non vi sia un coniuge economicamente più debole, e non vi siano figli minorenni o maggiorenni conviventi, non esisterà alcun criterio per poter disporre l’assegnazione ad un coniuge piuttosto che ad un altro e questo perché non vi è alcuna prevalenza di un diritto dell’uno su quello dell’altro bensì una condizione di esatta equivalenza tra i diritti in questione; entrambi i coniugi infatti risultano titolari di un diritto costituzionalmente garantito quale il diritto di proprietà e nessuno dei due si trova in una situazione di svantaggio economico tale da determinare in capo al soggetto più debole il sorgere di un diritto al mantenimento.

In modo difforme si è invece espressa la Suprema Corte con sentenza n. 11696/2001 affermando che in materia di divorzio, l’assegnazione della casa coniugale è finalizzata esclusivamente alla protezione della prole, e non è prevista in funzione della debolezza economica di uno dei coniugi, alle cui esigenze è destinato l’assegno divorzile. Ne consegue che il giudice non potrebbe, in assenza di figli conviventi, assegnare la casa coniugale, della quale i coniugi siano comproprietari, a quello fra i due che ritenga economicamente più debole, onde sopperire a tale squilibrio.

A parere di chi scrive, questo criterio deve ad oggi essere considerato come completamento superato in virtù del nuovo testo dell’articolo 155 del codice civile il quale ribadisce espressamente che il criterio prioritario per disporre l’assegnazione è quello della tutela della prole; il che significa che accanto ad un criterio “prioritario” ben possono coesistere altri criteri da adottare in via subordinata specie quando non vi sono figli minori o maggiorenni conviventi.

Questo sta a significare che ai fini dell’assegnazione della casa sulla quale entrambi i coniugi vantino diritti di proprietà, il giudice potrà anche tenere conto delle condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione a favorire il coniuge più debole, ed in caso di assenza di figli minori o conviventi potrà valutare anche le ulteriori finalità volte a consentire un certo equilibrio tra le condizioni economiche dei coniugi ed al tempo stesso ad assicurare una soluzione sostanzialmente equa, in quanto correlata alle ragioni della decisione, nonché a favorire il coniuge più debole.
Tuttavia, come opportunamente osservato dalla Corte di Cassazione (12428/1991) il giudice non può disporre l’assegnazione a favore del soggetto non titolare del diritto di proprietà o godimento, ove questi non abbia la qualità di assegnatario di figli minori o di convivente con i figli maggiori (non autonomi), atteso che la norma citata, di natura eccezionale, si fonda essenzialmente sulla necessità di conservare l’habitat domestico (inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita della famiglia). Come testé affermato qualora il Giudice nulla disponga in ordine all’assegnazione, l’utilizzo della casa coniugale spetterà automaticamente ed esclusivamente al coniuge esclusivo proprietario.

Avv. Matteo SANTINI | m.santini[at]infoiva.it | www.studiolegalesantini.com | Roma

È titolare dello Studio Legale Santini (sede di Roma). Il suo Studio è attualmente membro del Network LEGAL 500. || È iscritto come Curatore Fallimentare presso il Tribunale di Roma; Presidente Nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori; Membro dell’AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Consigliere Nazionale AGIT (associazione avvocati Giusconsumeristi); Responsabile per la Regione Lazio dell’Associazione Avvocati Cristiani; Membro dell’I.B.A. (International Bar Association); Membro della Commissione Osservatorio Giustizia dell’Ordine degli Avvocati di Roma; Segretario dell’Associazione degli Avvocati Romani; Conciliatore Societario abilitato ai sensi del Decreto Legislativo n. 5/2003; Direttore del “Notiziario Scientifico di Diritto di Famiglia”; Membro del Comitato Scientifico dell’ A.N.A.C. || Autore del Manuale sul trasferimento dell’Azienda edito dalla Giuffré (2006); Co-autore del Manuale sul Private Equity (2009 Edizione Le Fonti). || Docente di diritto e procedura penale al Corso in Scienze Psicologiche e Analisi delle Condotte Criminali (Federazione Polizia di Stato 2005). || Collabora in qualità di autore di pubblicazioni scientifiche con le seguenti riviste giuridiche: Diritto & Giustizia (Giuffré Editore); Corriere La Tribuna (Edizioni RCS); Notiziario Giuridico Telematico; Giustizia Oggi; Associazione Romana Studi Giuridici; Il Sole 24 Ore; Studium Fori; Filo Diritto; Erga Omnes; Iussit; Leggi Web; Diritto.net; Ius on Demand; Overlex; Altalex; Ergaomnes; Civile.it; Diritto in Rete; Diritto sul Web; Iusseek.