Contro la crisi i giovani si danno alla pastorizia

In Italia circa tremila giovani hanno scelto di mettersi alla guida di un gregge come precisa scelta di vita per non arrendersi alla crisi provocata dalle delusioni dell’economia di carta“. E’ quanto stima la Coldiretti, in occasione delle rilevazioni Istat sull’occupazione, nel sottolineare che si tratta in gran parte di giovani che intendono dare continuità all’attività dei genitori ma ci sono anche ingressi ex novo spinti da una scelta di vita alternativa a contatto con gli animali e la natura.

Quando a guidare il gregge sono i più giovani si assiste secondo la Coldiretti ad un impulso nell’attività con il 78 per cento dei giovani investe, anche nella crisi, sul miglioramento dei prodotti aziendali. “La diffusa capacità di innovazione si concentra sulla qualità e sulla sicurezza del prodotto ma anche nella capacità di presidiare il mercato attraverso nuove formule commerciali come la vendita diretta del proprio prodotto“, è quanto riporta una nota della Coldiretti.

Non mancano quanti – continua la Coldirettirivolgono la loro attenzione a consumatori emergenti come gli immigrati musulmani che per motivi religiosi apprezzano particolarmente la carne di pecora e chi riesce a valorizzare la lana italiana considerata spesso un sottoprodotto con costi aggiuntivi per lo smaltimento“.

Le storie sono le piu’ diverse. Davide Bortoluzzi ha 25 anni e con il diploma dell’istituto tecnico era pronto ad entrare nello studio del padre geometra. Lui invece ha realizzato il suo sogno (sin da piccolo chiedeva a babbo natale caprette): un gregge di 500 pecore per scorazzare sulle Dolomiti. Nessuna macchina sportiva, ma solo le sue gambe per portare da Puos D’Alpago una mandria di ovini con cani, muli e soprattutto garantire la sopravvivenza di una particolare razza ‘l’agnello alpagoto’. In lui c’è tutta la convinzione di fare il ‘pastore professionista’. Con lui molte volte ci va anche la fidanzata una modella … a riprova che fare il pastore piace. Giuseppe Stocchi invece ha 28 anni conduce una grande azienda di pecore a Leonessa in provincia di Rieti. Possiede ben 1.500 pecore, Comisane (razza siciliana) e Sarde con una spruzzatina di Sopravissana che producono 220/230 litri di latte al giorno per ricavarne ottimi formaggi ( Pecorino Stagionato in Grotta, Pecorino Primo Sale, Pecorino Media Stagionatura, Pecorino Fresco) e ricotta che vende direttamente nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica. Simone Cualbu è un allevatore di 35 anni di Gavoi e conduce, in agro di Macomer, un’azienda agricola con ordinamento ovi-caprino di 75 ettari con 300 capi. Il formaggio (Dop), prodotto esclusivamente con latte crudo di pecora di razza sarda allevate al pascolo, viene affumicato e successivamente portato a stagionare nelle cantine a Gavoi. La passione per il suo lavoro non gli ha fatto dimenticare l’impegno civile.

E’ Presidente della Coldiretti di Nuoro-Ogliastra ed è anche componente del direttivo del Consorzio di Tutela del formaggio Fiore Sardo (Dop) nonché Presidente del Consorzio Produttori Storici Pastori. La presenza dei giovani è una garanzia per il futuro della pastorizia in Italia dove si producono – sottolinea la Coldiretti – oltre 60 milioni di chili di formaggi pecorini dei quali oltre la metà a denominazione di origine (Dop). All’esportazione va oltre il 25 per cento della produzione. Nella produzione Made in Italy a denominazione di origine a fare la parte del leone – continua la Coldiretti – è il Pecorino Romano Dop che copre l’80 per cento, ma hanno ottenuto la protezione comunitaria come denominazioni di origine anche il pecorino Sardo, il Siciliano e il Toscano e quello di Filiano oltre al Fiore Sardo ed al Canestrato Pugliese. Il pecorino è uno dei formaggi italiani più antichi: veniva prodotto già nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate dei legionari, ma è probabile che le sue origini siano ancora più lontane, vista la diffusione delle pecore sul nostro territorio.

La pastorizia è un mestiere ricco di tradizione che ha anche un elevato valore ambientale e dalla sua sopravvivenza dipende la salvaguardia di razze in via di estinzione a vantaggio della biodiversità del territorio, dalla rustica pecora sarda alla pecora sopravissana dall’ottima lana, dalla pecora comisana con la caratteristica testa rossa a quella massese dall’insolito manto nero che rappresentano un patrimonio di biodiversità il cui futuro è minacciato da un concreto rischio di estinzione. Tra i fattori che mettono a rischio il futuro della pastorizia ci sono il fatto che – sostiene la Coldiretti – più della la metà della carne di agnello in vendita è importata, soprattutto dai paesi dell’est, all’insaputa dei consumatori e spacciata come Made in Italy perché non è stato ancora introdotto l’obbligo di indicare l’origine in etichetta previsto dalla legge nazionale sostenuta dalla Coldiretti ed approvata all’unanimità dal Parlamento. E non va meglio per il latte. Dalla mungitura quotidiana di una pecora si ottiene in media solo un litro di latte che viene pagato attorno ai 70 centesimi al litro ben al di sotto dei costi di allevamento si avvicinano all’euro. Qui a pesare – conclude – è la concorrenza sui mercati internazionale dei pecorini low cost prodotti soprattutto nell’est Europa e spacciati come Made in Italy.

Fonte: Agenparl.it