Spending review o spending ciofeca?

di Davide PASSONI

Viva, viva la spending review. Tanto promessa, tanto sperata, tanto invocata, alla fine è arrivata. E, come temevamo, si è trattato più di una spending ciofeca che di una spending review. La bozza del decreto legge sulla revisione di spesa prevede infatti un risparmio di 4,2 miliardi di euro. Non siamo bravissimi in matematica, ma su un totale di spesa pubblica che ammonta a, malcontati, 730 miliardi all’anno, siamo nell’ordine di tagli per lo zero e rotti per cento. Bruscolini.

Il bello è che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Catricalà ha annunciato in pompa magna che entro 15 giorni dalla sua nomina, il commissario per l’acquisto di beni e servizi della pubblica amministrazione, Enrico Bondi, presenterà un programma al Consiglio dei ministri con un piano di tagli pari a circa 2,1 miliardi di euro, dei 4,2 di cui sopra. Tanta roba.

E il colpo di teatro? Dal taglio degli sprechi saranno esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“. Ossia, tre dei principali focolai di spreco dello stato. Certo, nessuno chiede che i 300 e rotti miliardi di euro impegnati ogni anno per stipendi e pensioni siano tagliati. Ma una razionalizzazione dei centri di costo e di acquisto, per esempio, della sanità? Unificare ordini e acquisti per i beni e i servizi destinati ai Ministeri? Vediamo se scaturiranno da questo passaggio della bozza, secondo la quale nel programma di tagli rientrano “tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati, gli enti locali, nonché le amministrazioni regionali sottoposte a piani di rientro dal disavanzo sanitario per le voci relative alla spesa sanitaria“. E poi, ministeri, occhio: entro il 31 maggio tocca presentare la propria relazione sui tagli di spesa. E se vogliamo, possiamo dar loro una mano. Il Governo, infatti, chiede aiuto ai cittadini per segnalare gli sprechi: cliccate qui e compilate il modulo. Ne vedremo delle belle, pensiamo…

Certo che, leggendo la bozza quando recita che dovrà essere garantita una “riduzione in termini monetari per la spesa per l’acquisto di beni e servizi” tramite una “più adeguata utilizzazione delle procedure espletate dalle centrali di acquisto e una più efficiente gestione delle scorte“, viene da sorridere. Se davvero si riuscisse a fare questo, altro che 2,1 miliardi! Il sospetto è che la volontà di tagliare ci sia, ma manchi la forza. La forza non politica che questo governo dovrebbe avere, visto il suo continuo considerarsi slegato dalle logiche di palazzo. Questo palazzo, invece, continua a far sentire il suo peso, eccome. Tant’è vero che, e lo ripetiamo perché si capisca bene, dai tagli sono esclusi “la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il Parlamento“.

Lo sappiamo, siamo incontentabili. Non si può avere tutto subito, da qualche parte bisogna cominciare a tagliare, l’importante è dare un segnale, qualcosa è meglio che niente, bla bla bla… Peccato che ormai il segnale sia quello di allarme rosso e il qualcosa promesso sia quasi niente. Senza contare che lo Stato vuole tutto e subito da noi contribuenti, per il resto… il paradiso può attendere. Non è più ora di tagliare per gradi, ci vuole decisione. E 4,2 miliardi, ci scusi professor Monti, non sono quello che l’Italia si aspetta dai tagli alla spesa.