Il Cup chiede al ministro Severino di modificare la riforma delle professioni

Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni (Cup), ha chiesto nell’incontro con il ministro della Giustizia, Paola Severino, di modificare diversi punti della riforma delle professioni.

Un appuntamento importante, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato, che ha affrontato il tema della riforma delle professioni, mettendo in luce diverse criticità nei punti cardine del provvedimento, attualmente in discussione alla commissione Giustizia della Camera dei deputati.

“Un aspetto fondamentale su cui abbiamo espresso le nostre perplessità – ha detto Marina Calderone – è la formazione, concessa anche a non meglio definite associazioni professionali. Questa formulazione evasiva rischia infatti di ampliare i soggetti deputati a gestire la formazione, con il rischio di penalizzare i giovani praticanti”.

Tra gli altri punti critici, le conseguenze della normativa prevista per il tirocinio. “L’ulteriore previsione di un corso di formazione da effettuare nell’arco di un semestre, che sembra garantire una migliore preparazione teorica per il giovane, si traduce in realtà nell’impoverimento dell’esperienza tecnico-professionale che si può maturare in un contesto lavorativo”, ha continuato Marina Calderone.

“Al ministro Severino – ha ricordato – abbiamo chiesto di intervenire anche sull’obbligo dell’assicurazione di responsabilità civile per i professionisti, poiché, in questa specifica materia, la previsione delle associazioni tra professionisti come parti di convenzioni collettive si configura come un eccesso di delega”.

Un altro punto importante su cui si è soffermata la presidente del Cup nel corso del confronto con il ministro ha riguardato la modalità di gestione dei procedimenti disciplinari. Il Cup ha chiesto inoltre al ministro Severino di fornire una definizione migliore di professione intellettuale, poiché nel testo si fa riferimento “a una definizione eccessivamente ampia di professione regolamentata, qualificata come l’attività il cui esercizio è consentito a seguito di iscrizione in ordini, collegi, albi o registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, allorché l’iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento di specifiche professionalità”. “E’ necessario eliminare – ha precisato – il riferimento a registri ed elenchi comunque tenuti da amministrazioni o enti pubblici, valutando meglio come precisare la nozione di professione regolamentata, per evitare che vengano fatte rientrare in questo ambito anche le associazioni professionali”.