Ricomincio da me e divento imprenditrice

 

Nella lingua giapponese esiste un termine, Kiki, che letteralmente significa ‘rottura di equilibrio statico‘, ma che volgarmente viene tradotto con ‘crisi’. Una parola che rieccheggia sempre più spesso nei giornali e nelle conversazioni di chi, imprenditori e non, si trova a fare i conti con il lavoro che non c’è più, il rischio del fallimento o del licenziamento. Ma se il primo Ki esprime il concetto di ‘rischio’, il secondo Ki traduce l’idea di rottura in nuova ‘opportunità‘. Si può ricominciare davvero dopo aver attraversato l’esperienza della perdita?

Infoiva ha intervistato Giulia Buggea, ex responsabile amministrativa che oggi vive la sua ‘seconda vita’ da imprenditrice, a capo dell’azienda Studio Blu di Desio. Perchè ricominciare da capo, magari scoprendo un talento inaspettato, è sempre possibile.

Qual era la sua professione prima di diventare imprenditrice?
Sono stata responsabile amministrativa in una Sgr per circa 8 anni, poi nel 2009 ho deciso di approdare in uno studio notarile milanese. Avevo avuto da poco il secondo figlio e la prospettiva di una riduzione di orario mi faceva comodo; quindi quando mi è stato offerto un contratto di 6 ore, pur mantenendo lo stesso stipendio del posto precedente, non ho avuto esitazioni. Sono stata assunta, pur maturando qualche perplessità circa la scelta della mia assunzione perchè la contabilità in uno studio notarile è molto semplice, non richiede competenze particolari come invece una Sgr. Dopo circa un anno, è arrivato il licenziamento, preceduto da un periodo di mobbing.

Come ha reagito alla notizia del licenziamento?
Mi era già capitato di cambiare lavoro, non sono mai stata una professionista particolarmente sedentaria, ho sempre cercato di arricchire il mio curriculum a 360 gradi. Quindi il primo impatto non è stato così preoccupante, certo non mi era mai capitato prima di allora di venire licenziata, però ho incassato il colpo. La fase problematica è arrivata dopo: non avevo ancora ‘toccato con mano’ il momento socio economico di crisi che stavamo e stiamo vivendo, e mi sono sentita come schiaffeggiata. Ho pensato più volte ‘oddio il mio curriculum non interessa più a nessuno’: non capivo per quale ragione, ma, al termine di molti colloqui, seppur il ruolo che mi si richiedeva di ricoprire rispecchiava a pieno la mia professionalità, non venivo scelta perchè ero ‘troppo’. Quindi ho cercato di alleggerire il curriculum, di modificarlo, nella speranza di poter trovare un nuovo impiego.

Quale è stato invece l’impatto psicologico?
Per natura non sono una persona che si abbatte, ho un carattere piuttosto reattivo. Quello che più mi lasciava perplessa erano le cause del licenziamento, la loro futilità. Benchè mi fosse stata offerta una liquidazione di un’annualità lavorativa, ho deciso di non accettare: perchè se non sussiste una ragione valida per venire licenziata, non vedo perchè io debba accettare.

Quanto tempo è trascorso dal licenziamento all’avvio della nuova impresa?
Circa un anno di inattività.

E dopo, come si ricomincia e si decide di ‘diventare imprenditori’?
Non avrei mai e poi mai pensato di mettermi in proprio: ho sempre vissuto l’attività lavorativa, da dipendente, in modo oserei dire ‘assillante’. Pensi che la mia secondo figlia è nata il 3 gennaio, e dopo aver preso congedo per la maternità il 23 dicembre (ma solo perchè c’erano di mezzo le Vacanze di Natale!), a una settimana dal parto sono tornata al lavoro. Il mio senso del dovere nei confronti del lavoro era ossessivo. Quindi mi sono detta: se l’azienda è mia rischio di non vivere più!

Come ha mosso i primi passi da imprenditrice?
Ho deciso di prendere parte allo Start, un’iniziativa della Camera di Commercio di Monza e Brianza, che ha lo scopo di formare i nuovi imprenditori, fornendo loro attraverso corsi ad hoc le conoscenze amministrative, di marketing, di comunicazione, che sono la base per chi vuole lanciare una nuova attività. Inoltre a chi presentava il business plan più completo e convincente veniva erogato un finanziamento a fondo perduto per l’apertura della nuova attività. E sono stata fortunata, perchè l’ho vinto.

Di che cosa si occupa la sua azienda?
La mia azienda si chiama Studio Blu e si occupa della gestione del risarcimento dei sinistri assicurativi. Il mio è un ruolo da mediatore, di filtro, tra la vittima del sinistro e la compagnia assicurativa, per quanto concerne qualunque evento che genera un danno e che può essere risarcito da un’assicurazione; quindi si va dagli incidenti stradali, alle responsabilità professionali, responsabilità civile, infortuni, malattie. Tecnicamente il mediatore viene definito ‘patrocinatore stragiudiziale’, perchè se l’avvocato opera in giudizio, il patrocinatore opera in via stragiudiziale, quindi avendo un contatto diretto con il liquidatore, con il vantaggio di poter dimostrare immediatamente e direttamente gli elementi in suo possesso. Diversamente, quando ci si reca davanti ad un giudice per mezzo di un avvocato, si consegnano delle pratiche su cui il giudice delibererà in seguito. Viene da sè che la prassi in via stragiudiziale risulta molto più snella, vanta tempi più rapidi e soprattutto dal punto di vista economico è molto meno dispendiosa che affidare il sinistro ad un avvocato.

Come ha scelto di cimentarsi in questo settore?
L’ho scoperto navigando in rete, e poi è un lavoro che mi si veste addosso. E’ una professione che mi piace definire ‘utile’ e che a mio avviso non conosce crisi. Si tratta di un’attività in franchising, non è una novità assoluta per l’Italia, però sono poche le persone che ad ora si sono cimentate.

Ora che fa l’imprenditrice, teme che in futuro possa trovarsi nella situazione di dover licenziare un dipendente?
Assolutamente si. Al momento non ho dipendenti, siamo in 3 soci, ma mi piacerebbe in futuro poter offrire lavoro a qualcuno e allargare la mia attività, ma so anche che lo farò solo quando avrò la certezza di poter assumere un nuovo dipendente. Forse perché sono passata attraverso l’esperienza della perdita del lavoro, ma sono sempre più convinta che un dipendente sia la risorsa più importante di qualsiasi azienda. Un dipendente felice rende la tua azienda più florida. Dall’altra parte, le cronache dei giornali ci riportano situazioni gravi in cui gli imprenditori si trovano costretti a licenziare, e credo che in quei casi si tratti di una sofferenza da entrambe le parti, sia per chi perde il lavoro, sia per chi è obbligato a licenziare. Sono situazioni di disperazione.

Secondo lei, è corretto dire che in un momento di crisi ‘il miglior welfare è il lavoro’?
Sicuramente si. Il Governo dovrebbe incentivare le assunzioni. Da parte mia in questo momento, trattandosi di una start up, non mi trovo nella condizione di poter assumere; dall’altra parte esistono invece aziende più grandi che potrebbe assumere ma non lo fanno a causa della profonda incertezza del mercato. Se lo Stato intervenisse con sgravi sui contributi o agevolazioni sulle assunzioni, questo potrebbe essere senza dubbio un buon mordente.

Alessia CASIRAGHI