Come fatturare le spese di giudizio

E’ risaputo che le spese processuali toccano a chi risulta perdente.

Per quanto riguarda il consulente del lavoro che assiste un cliente in un contenzioso tributario e ne risulta vincente, la Fondazione Studi consulenti del lavoro chiede di seguire una corretta procedura nell’emettere la parcella.

Viene ricordato a proposito che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, può anche disporre a favore del difensore la distrazione degli onorari non riscossi e le spese anticipate. Questa precisazione fa capire come sia la parte soccombente a pagare la parcella.

Nel caso in cui, invece, la sentenza non abbia disposto la distrazione, il parere precisa che “il compenso del consulente deve essere pagato dal cliente vittorioso (e non dalla parte soccombente), salvo il diritto da parte del cliente medesimo di ottenerne il rimborso da parte del soccombente; il cliente vittorioso, all’atto del pagamento, deve sempre operare la ritenuta d’acconto nei confronti del consulente del lavoro, proprio difensore”.

In entrambi i casi, comunque, il consulente deve emettere la parcella solo al proprio cliente, implicando che il soccombente non può pretendere l’emissione della relativa fattura nei propri confronti.

La ritenuta d’acconto, inoltre, deve essere effettuata dal soggetto che salda la parcella del consulente e la fattura deve sempre essere intestata al cliente del consulente.

Se, all’atto del deposito della sentenza, il cliente risultato vittorioso ha già saldato la fattura, anche se solo in parte, al consulente, quest’ultimo non deve chiedere la distrazione del proprio onorario e la parte che ha perso in giudizio non deve operare alcuna ritenuta al momento del rimborso alla controparte vittoriosa dell’importo stabilito.

Occorre anche sapere se il cliente del consulente detrae o non detrae l’Iva, per sapere se deve pagare l’imposta sulle spese di giudizio.

Vera MORETTI