Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI