Federarchitetti chiede una nuova riforma delle professioni

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Alla luce delle ultime manifestazioni, tra le quali quella del primo maggio, e delle priorità del nuovo Governo, Federarchitetti ha voluto denunciare la quasi indifferenza della politica nei confronti dei lavoratori liberi professionisti.

Come spesso è stato scritto anche su Infoiva.com, il peso che le libere professioni hanno sull’economia italiana è notevole, a cominciare dalle pmi, maggiormente colpite dalla crisi ma da sempre motore dei mercati.

Ma non è solo la recessione economica ad aver danneggiato il comparto delle professioni tecniche: ciò che Federarchitetti vuole sottolineare è l’approssimazione e l’ingessatura delle procedure, nonché la poca trasparenza.
La Federazione a questo proposito, chiede di non far rimanere nell’oscurità centinaia di migliaia di cittadini che “operano, per propria scelta, senza gravare sullo Stato, accettando i rischi sulla continuità del lavoro, sul reinvestimento dei profitti per dare continuità agli stessi, (nella virtuale ipotesi di conseguimento), nel consolidare la propria struttura con oneri nell’indotto inerenti le attrezzature ed il sostegno degli auspicabili dipendenti, per l’ assenza di forme di tutela sociale (ammortizzatori) in mancanza di affidamenti”.

D’altra parte, le libere professioni costituiscono un potenziale di sviluppo fondante per la democrazia del Paese ed ignorarne i contenuti rischia di portare grave pregiudizio a quegli obbiettivi di crescita ineludibili e ben dichiarati nelle linee programmatiche del Governo.
Tra le peculiarità individuate da Federachitetti c’è l’assenza di oneri finanziari: “sono rivolte ad un’azione di revisione complessiva dell’assetto attuale delle libere professioni e delle procedure che ne condizionano l’accesso al lavoro in particolare da parte della committenza pubblica”.

In accordo con le altre rappresentanze delle professioni tecniche riunite in Confedertecnica, gli architetti hanno denunciato la necessità di cambiamenti radicali, avanzando proposte perché il settore si rafforzi e costituisca un elemento di traino per l’immagine e l’economia del Paese e liberi i vincoli che determinano l’alta percentuale di disoccupazione intellettuale.

Non è piaciuta, inoltre, la riforma delle professioni da poco approvata, poiché “va esattamente nella direzione opposta a quella auspicata, nella errata individuazione del ruolo degli Ordini Professionali quali garanti unici di una pletorica ed effimera formazione permanente, che, come concepita, nulla può giovare alle classi professionali, non considerandone il potenziale valore complessivo della formazione.
La Commissione Europea ha recentemente considerata non accettabile una tale soluzione che costituisce una dei provvedimenti da rimuovere prioritariamente
”.

Ciò che viene richiesto alla politica è di ritornare a fare da garante degli interessi di tutti i soggetti sociali in una logica di sviluppo complessivo, senza pensare al proprio tornaconto.

Vera MORETTI