Norme antiriciclaggio per i consulenti del lavoro

antiriciclaggio

Il nostro ordinamento giuridico prevede il concetto di riciclaggio ai fini amministrativi, diverso rispetto a quello di carattere penale poiché prescrive regole di comportamento che determinati soggetti devono adottare per prevenire il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo tramite il sistema finanziario ed economico.

La norma non è volta a punire il reato di riciclaggio in sé, che continuerà ad essere punibile sotto il profilo penale, ma la mancata collaborazione per la prevenzione di tale reato.
Ciò significa che i soggetti indicati devono collaborare per adottare appropriati sistemi per verificare la clientela, nel rispetto della tutela della privacy.

Il decreto che ha introdotto questo concetto ha individuato 4 gruppi di soggetti destinatari di specifici obblighi di collaborazione per individuare possibili operazioni a rischio:

  • Intermediari finanziari: banche, poste, sim, società di investimento, imprese di assicurazione, agenti di cambio;
  • Professionisti: divisi in 4 categorie, ovvero a) gli iscritti all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e consulenti del lavoro; b) ogni altro soggetto che rende servizi o prestazioni in materia dicontabilità e tributi; c) notai e avvocati e d) i prestatori di servizi relativi a società e trust;
  • Revisori Contabili o legali: sia i singoli revisori che le società di revisione;
  • Altri soggetti: recupero crediti, custodia e trasporto di denaro contante, gestione di case da gioco, anche viainternet, agenzie di intermediazione immobiliare, case d’asta, fabbricazione di preziosi,commercio di cose antiche.

E’ pero previsto che gli obblighi di registrazione ed archiviazione non sussistano per i consulenti del lavoro per la mera attività di redazione e/o di trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e per gli adempimenti in materia di amministrazione del personale.
Essi, anzi, su delega e in rappresentanza degli interessati, sono competenti in ordine allo svolgimento di ogni altra funzione che sia affine, connessa e conseguente, a quanto previsto nel comma precedente.

Il consulente del lavoro, dunque, può avvalersi esclusivamente dell’opera di propri dipendenti per l’effettuazione dei compiti esecutivi inerenti all’attività professionale.
Rientrano in questa attività non solo l’elaborazione dei cedolini, ma anche tutte le attività annesse e connesse alla gestione del personale.
Ciò significa che, per tutte le prestazioni tipiche dell’amministrazione del personale non esistono obblighi in relazione all’adeguata verifica e registrazione della clientela.

Di conseguenza, non sono escluse, invece, le attività svolte da un consulente del lavoro che riguardino ad esempio consulenze su contratti di compravendita, societarie, tributarie, gestione della contabilità non rientrano nella citata esclusione.

Non esiste l’obbligo di segnalazione quando al professionista è richiesta una prestazione legata all’esame della posizione giuridica del cliente o per l’espletamento della difesa dello stesso,
includendo anche la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare il procedimento.
Questa esclusione è limitata alla mera segnalazione. Vale a dire che se al consulente del lavoro è richiesta una prestazione di difesa in un processo tributario, ad esempio, non sarà esentato dall’identificazione e dalla verifica adeguata del cliente, ma semplicemente, qualora scoprisse in tale sede un investimento di denaro di provenienza illecita, potrà evitare la segnalazione.

Vera MORETTI