Partite Iva, la crisi picchia duro

Partite Iva, la crisi picchia duro

Il mondo delle partite Iva, messo sotto schiaffo dalla crisi, non è più lo stesso. Tra il 2008 e il settembre 2013, hanno chiuso l’attività 415mila partite Iva. I più colpiti sono stati i lavoratori, gli artigiani, i commercianti e gli agricoltori, calati di 345.000 unità. In sei anni scarsi di crisi, la variazione dell’occupazione dei lavoratori indipendenti è stata del -7%. Nello stesso periodo quasi l’8% degli autonomi ha chiuso i battenti.

Oltre a quello degli autonomi, è stato negativo anche l’andamento dei coadiuvanti familiari, calati di 78mila unità (-19,4%). Anche i collaboratori occasionali o a progetto hanno subito un ridimensionamento pari a 73mila unità (-15,7%). Dulcis i fundo, gli imprenditori, calati di 35mila unità (-12,4%).

Gli unici ad aver fatto registrare risultati positivi sono stati i soci delle cooperative (+ 2mila, pari al +4,4%) e i liberi professionisti, cresciuti di 115mila unità (+9,8%).

Alla luce di questi dati, la Cgia lancia l’allarme. “A differenza dei lavoratori dipendenti – osserva il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – quando un autonomo chiude l’attività non dispone di alcuna misura di sostegno al reddito. Ad esclusione dei collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione e di alcuna forma di cassaintegrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare”.

Nonostante questo, la pressione fiscale media a carico di queste realtà è rimasta attorno al 50%.

In proporzione – conclude Bortolussi – la crisi ha colpito in maniera più evidente il mondo delle partite Iva rispetto a quello del lavoro dipendente. In termini assoluti, la platea dei subordinati ha perso 565mila lavoratori, mentre in termini percentuali è diminuita solo del 3,2%, con una quota del numero dei posti di lavoro persi sul totale della categoria pari al 3,3%. Tassi, questi ultimi, che sono meno della metà di quelli registrati dai lavoratori indipendenti. La tendenza positiva fatta segnare dai liberi professionisti potrebbe essere riconducibile sia all’aumento del numero di coloro che hanno deciso di mettersi in proprio non avendo nessun’altra alternativa per entrare nel mercato del lavoro, sia all’incremento delle cosiddette false partite Iva. In riferimento a quest’ultimo caso, ci si riferisce, ad esempio, a quei giovani che in questi ultimi anni hanno prestato la propria attività come veri e propri lavoratori subordinati, nonostante fossero a tutti gli effetti dei lavoratori autonomi. Una modalità, quest’ultima, molto praticata soprattutto nel Pubblico impiego”.