Fallimenti aziendali, il credit crunch la causa

 

I numeri resi noti dal Cerved nei giorni scorsi che certificano l’aumento del 14,3% dei fallimenti aziendali in un anno non sono passati sotto traccia. Più di 4000 fallimenti in un solo trimestre, del resto, sono una cifra troppo elevata per non suscitare clamore. La stretta creditizia, come si immaginava, infatti, è tutt’altro che terminato e solo ad agosto lo stock di prestiti alle imprese si è fermato a quota 913 miliardi: ben 103 miliardi di euro di prestiti in meno rispetto al novembre 2011, con un calo complessivo addirittura del 10,2%.

A soffrire di più, come sempre, sono le imprese più piccole: quelle con meno di cinque addetti, sempre nel mese di agosto, mostrano una flessione del 2,3%. “E’ difficile parlare di ripresa in questo scenario – ha commentato Massimo Vivoli, vice presidente vicario di Confesercenti e presidente di Italia Comfidi – per questo chiediamo che il Governo intervenga con sollecitudine percorrendo la strada indicata con lungimiranza e chiarezza da Draghi e Bce, spingendo le banche a creare le condizioni per agevolare l’accesso al credito di imprese e famiglie e far ripartire, in questo modo, l’economia italiana”

“Ovviamente il credit crunch gioca un ruolo fondamentale in tale situazione. Da un lato facendo mancare un adeguato sostegno finanziario – in un periodo di stagnazione della domanda – all’intero sistema economico, dall’altro innescando una spirale negativa di sistematico ritardo nei pagamenti, ormai allargatasi a macchia d’olio: è, anzi, logico chiedersi se non sia il caso di intervenire a livello legislativo – e in modo incisivo – su questo malcostume, a cui molto spesso si adattano anche coloro che non versano in eccessive difficoltà” ha scritto Massimo Boidi, presidente Synergia Consulting Group, Alleanza Professionale di Commercialisti.

“Sicuramente l’iniezione di nuova liquidità disposta dalla Banca Centrale Europea – ha concluso Boidi – potrà avere positive ripercussioni sulle nostre aziende, ma dovrà inevitabilmente essere accompagnata ad una consistente riduzione del carico fiscale, soprattutto a livello di Irap, e ad una completa rivisitazione del mercato del lavoro, di cui oggi tanto si discute”.

Jacopo MARCHESANO