Turismo italiano ed europeo, un confronto

Turismo italiano ed europeo, un confronto

Il turismo è il petrolio dell’Italia, si dice. Beh, se così davvero fosse, il crollo del prezzo dell’oro nero che continua incessante da mesi, trova un triste e singolare parallelismo con il calo del turismo nel nostro Paese. O almeno con quello che si può leggere tra le righe.

Il 2015 è stato infatti un anno buono per il turismo europeo, come certificano i recenti dati Eurostat sulle notti trascorsi da non residenti nei Paesi europei. Una tendenza favorita anche dal fatto che si è trattato del primo anno in cui si è registrata un minima ripresa in campo economico, dopo sette anni ininterrotti di crisi. Eppure il nostro Paese, nel settore del turismo, non è stato in grado di agganciare questa ripresa.

Secondo i dati Eurostat di cui sopra, infatti, gli arrivi di turisti extracomunitari sono saliti in Europa, nel 2015, di quasi il 4% (+3,96%). Il turismo in Italia è invece rimasto ben al di sotto di questa media: +2,15%, nonostante lo straordinario volano di Expo 2015. Un dato migliore solo di quello di Bulgaria Estonia, Finlandia, Grecia e Lituania.

E, se nel 2009, primo vero anno di crisi, l’Italia perdeva solo l’1,4% in termini di arrivi di turisti extra Ue contro una media continentale del -5%, purtroppo da quell’anno a oggi il turismo di casa nostra è riuscito a far crescere solo del 19% gli arrivi dal di fuori del continente, contro una media europea di +33%.

Il turismo italiano si è dunque ripiegato su se stesso in maniera preoccupante. Vuoi per politiche di promozione turistica non sempre all’altezza; vuoi per la tendenza di ciascuna regione a proporsi all’estero per sé, senza fare sistema con le altre; vuoi per i prezzi non proprio abbordabili che contraddistinguono il nostro Paese (nota dolente in anni di crisi in cui avrebbe dovuto imperare la politica del low cost, soprattutto per attrarre turismo giovanile); vuoi per un patrimonio artistico, culturale e storico unico al mondo, gestito da burocrati e da sindacati da Terzo Mondo. E potremmo trovare mille altre ragioni per spiegare questa implosione. Ma più che trovarle, sarebbe meglio far funzionare la macchina del turismo.