I commercialisti sul decreto banche

I commercialisti sul decreto banche

Non è tutto oro quello che luccica nel recente decreto banche emanato dal governo, almeno secondo il punto di vista dei commercialisti italiani. Per il presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, il decreto legge contiene infatti aspetti poco condivisibili.

Secondo Longobardi, in tutta la questione “desta innanzitutto perplessità il fatto che si utilizzi l’abusato strumento del decreto legge, senza connotazione dei requisiti costituzionalmente richiesti della necessità e dell’urgenza, su materie che dovrebbero essere condivise dalle forze politiche rappresentate in Parlamento”.

Prosegue il presidente dei commercialisti: “Non convincono alcune novità inserite nell’ambito delle procedure concorsuali, quali ad esempio quelle che prevedono, quale ulteriore ipotesi di revoca per giusta causa del curatore, il mancato rispetto dell’obbligo di presentare un progetto di ripartizione delle somme disponibili ogni quattro mesi a partire dalla data di emissione del decreto di esecutività dello stato passivo”.

Secondo Longobardi, così facendo “non si considera che non sempre è possibile procedere al riparto nei termini suddetti e che il curatore risulta essere ulteriormente gravato da adempimenti importanti che ne complicano sensibilmente l’attività. Del resto, con la manovra della scorsa estate (d.l. n. 83/2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 132/2015) erano state previste nuove ipotesi di giusta causa di revoca del pubblico ufficiale nei casi di mancato rispetto dei termini previsti per la predisposizione del programma di liquidazione e di quelli previsti per la realizzazione della liquidazione dell’attivo”.

I commercialisti esprimono anche perplessità sulle proposte relative al mercato dei crediti deteriorati e sulle diposizioni di cui all’art. 1, relative al pegno mobiliare non possessorio. “Tralasciando le questioni strettamente giuridiche sull’opportunità di veicolare in modo definitivo l’istituto del patto marciano nel nostro ordinamento – sottolinea infatti Longobardi – le perplessità maggiori al riguardo si rinvengono nella previsione di differenti ipotesi di inadempimento correlate alle modalità effettive di rimborso e nella efficacia costitutiva dell’iscrizione del pegno in un registro informatizzato istituito presso l’Agenzia delle Entrate, che, come è noto è istituzionalmente tenuta a svolgere, secondo il proprio statuto, tutte le funzioni ed i compiti ad essa attribuiti dalla legge in materia di entrate tributarie e diritti erariali, al fine di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali” .