Rifiuti: l’Italia multata dalla Commissione Europea

A causa dei rifiuti, e più in generale delle infrazioni alle norme ambientali, l’Italia sta pagando annualmente centinaia di milioni di euro per multe dovute all’Ue.
Uno degli scogli più ostici è, ovviamente, il problema della mancata approvazione di un nuovo piano per la gestione dei rifiuti in Campania e per le discariche abusive ancora attive su territorio nazionale. Ma si rischia che le sanzioni diventino ancora più salate a causa dell’inadeguatezza o dell’assenza degli impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane in un gran numero di centri abitati.

Ma non è tutto, poiché la Commissione europea ha stabilito il deferimento dell’Italia alla Corte europea di Giustizia per non aver bonificato o chiuso 44 discariche di rifiuti non a norma in cinque regioni: Abruzzo (11 discariche), Basilicata (23), Campania (2), Friuli-Venezia Giulia (5) e Puglia (5).

Dato più allarmante rimane comunque il trattamento inadeguato delle acque reflue in 80 agglomerati urbani italiani con più di 15.000 abitanti: il contenzioso è stato aperto con una decisione di Bruxelles del 2004 a cui, dopo una prima condanna della Corte di Giustizia, è seguito nel 2016 un secondo deferimento ai giudici comunitari per non esecuzione della sentenza.Nella decisione su questo secondo ricorso, l’8 dicembre scorso, l’Esecutivo Ue ha chiesto alla Corte di infliggere all’Italia una multa forfettaria di 63 milioni di euro e una sanzione giornaliera di 347.000 euro, da pagare fino alla definitiva messa a norma degli impianti di trattamento delle acque reflue.

La Commissione non ha ancora depositato questo secondo ricorso alla Corte, ma sembra inevitabile che lo faccia, visto che si calcola che ci vorranno circa otto anni per realizzare le gare d’appalto, aprire i cantieri e costruire o adeguare gli impianti necessari in tutti i comuni interessati. L’Italia, alla fine, potrebbe dover sborsare circa un miliardo di euro per le multe, sempre che non ci voglia più tempo per mettersi in regola.

Il terzo dossier sulle acque reflue è meno allarmante, e sta registrando buoni progressi. Riguarda i centri urbani con più di 10.000 abitanti che scaricano le acque reflue non adeguatamente trattate in zone sensibili, che inizialmente erano 40 ma che sono stati ridotti ora a 20. Il contenzioso era stato aperto dalla Commissione con una decisione del 2009, ma dopo la prima condanna della Corte di Giustizia nell’aprile 2014 è ora improbabile, visti i progressi registrati, che l’Esecutivo Ue deferisca l’Italia alla Corte una seconda volta per non esecuzione della prima sentenza. Il governo sembra cosciente della posta in gioco in questi due contenziosi sulle acque reflue: dopo aver stanziato 2,5 miliardi di euro, messi a disposizione delle autorità locali, ha anche deciso di nominare un commissario unico per il coordinamento dei lavori e per accelerare la messa a norma degli impianti di depurazione.

Ad oggi, però, la nomina di Enrico Rolle come commissario non è ancora stata formalizzata quindi non ci sono ancora gli estremi per stabilire che la questione verrà risolta al più presto.

Vera MORETTI