Agroalimentare Made in Italy forte negli Stati Uniti

Anche se il settore agroalimentare Made in Italy riscuote sempre più successo all’estero, negli Stati Uniti i prodotti più amati restano il vino, con il 35% delle preferenze, l’olio d’oliva con il 13% e i formaggi, terzi con l’8%.
Stessa graduatoria in Canada, dove però le percentuali sono leggermente diverse, mentre in tutto il Nord America i prodotti meno gettonati sono le conserve di pomodoro (2% in Usa e 3% in Canada) e il caffè (2% e 3%), mentre la pasta pesa per il 7% negli States e per il 5% in Canada.
Solo il vino vale quindi 1,33 miliardi negli Usa e 3076 milioni in Canada.

Facendo la somma dell’export totale, negli Stati Uniti si raggiungono 130 miliardi di euro, cifra che fa gli States il primo mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari, mentre in Canada si raggiungono 32 miliardi. Si tratta di cifre importanti che comunque presuppongono margini di crescita altrettanto importanti.

A questo proposito, Andrea Goldstein, capo economista di Nomisma, che ha condotto lo studio insieme a Crif, ha dichiarato: “Il consumo di food & beverage (cibo e bevande, ndr) italiano è ancora fortemente concentrato negli Stati costieri degli Usa, che presentano i maggiori consumi pro-capite, mentre il ‘made in Italy’ risulta poco diffuso nel mid-west e nelle altre zone centrali del Paese”.

I margini di miglioramento, dunque, riguardano zone poco battute, dove le importazioni dall’Italia non arrivano nemmeno a 10 milioni.
Ha aggiunto dunque Goldstein: “Nonostante si tratti di mercati maturi, ci sono enormi potenzialità di ulteriore sviluppo grazie a consumi del food & beverage in aumento, elevata capacità di spesa di ampia parte della popolazione e import pro-capite di prodotti italiani non elevato ma in continua crescita”.

Niccolò Zuffetti, marketing manager di Cribis, ha concluso: “La rischiosità commerciale del settore del cibo e bevande (F&B) negli Stati Uniti è mediamente inferiore a quella dei nostri maggiori partner europei e sempre più bassa di quella italiana, soprattutto nel commercio all’ingrosso e nel dettaglio. Questa bassa rischiosità commerciale unita alla presenza di un altissimo numero di player rappresentano una chance importante per le nostre imprese del F&B pronte a esportare, pur in un contesto caratterizzato da una maggiore concentrazione d’impresa rispetto alla prevalenza di micro-operatori in Italia”.

Vera MORETTI