In Italia non calano le attività illegali

Gli italiani spendono 19 miliardi all’anno in attività illegali. Una cifra spaventosa che riguarda soprattutto l’uso di sostanze stupefacenti (14,3 miliardi), i servizi di prostituzione (4 miliardi) e il contrabbando di sigarette (600 milioni di euro).
E, come conferma l’Ufficio Studi della Cgia, si tratta di un’economia che non conosce crisi, tanto da essere aumentata negli ultimi 4 anni di oltre 4 punti percentuali.

Paolo Zabeo ha affermato in proposito: “Lungi dall’esprimere alcun giudizio etico è comunque deplorevole che gli italiani spendano per beni e servizi illegali più di un punto di Pil costringe tutta la comunità a farsi carico di un costo sociale altrettanto elevato. Senza contare che il degrado urbano, l’insicurezza, il disagio sociale e i problemi di ordine pubblico provocati da queste attività hanno effetti molto negativi sulla qualità della vita dei cittadini e degli operatori economici che vivono e operano nelle zone interessate dalla presenza di queste manifestazioni criminali”.

Renato Mason, segretario della Cgia, ha aggiunto: “Tra le attività illegali l’Istat include solo le transazioni illecite in cui c’è un accordo volontario tra le parti, come il traffico di droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette e non, ad esempio, i proventi da furti, rapine, estorsioni, usura, etc. Una metodologia, quest’ultima, molto discutibile che è stata suggerita dall’agenzia statistica della Comunità europea che, infatti, ha scatenato durissime contestazioni da parte di molti economisti che, giustamente, ritengono sia stato inopportuno aumentare il reddito nazionale attraverso l’inclusione del giro di affari delle organizzazioni criminali”.

La conferma del pervadere di queste attività arriva anche dalle numerose segnalazioni ricevute dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia. Si tratta di operazioni sospette arrivate da intermediari finanziari, che fanno poi scattare, da parte della Uif, degli approfondimenti sulle operazioni ritenute più a rischio e le trasmette, arricchite da una accurata analisi finanziaria, al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione Investigativa Antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la Uif le archivia.

Per capire la portata di questa situazione, tra il 2009 e il 2016 le segnalazioni sono aumentate di quasi il 380%. Infatti, se nel 2009 erano state poco più di 21mila, nel 2016 sono arrivate addirittura a 101.065.
La tipologia più segnalata è quella del riciclaggio di denaro, che per il 2016 ha coperto il 78,5% delle segnalazioni. Sempre secondo la Uif, nel 2016 la totalità delle operazioni sospette ammontava a 88 miliardi di euro, a fronte dei 97 miliardi di euro circa registrati nel 2015.

Ha ribadito Zabeo: “I gruppi criminali hanno la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale. E il boom di denunce avvenute tra il 2009 e il 2016 costituisce un segnale molto preoccupante. Tra l’altro, dal momento che negli ultimi 2 anni si registra una diminuzione delle segnalazioni archiviate, abbiamo il forte sospetto che l’aumento delle denunce registrato negli ultimi tempi evidenzi come questa parte dell’economia sia forse l’unica a non aver risentito della crisi”.

A livello regionale, le realtà che nel 2016 hanno fatto pervenire il maggior numero di segnalazioni sono state la Lombardia (253,5), la Liguria (185,3) e la Campania (167). Mentre su base provinciale le situazioni più critiche, con oltre 200 segnalazioni ogni 100.000 abitanti, sono quelle nelle province di confine come Como, Varese, Imperia e Verbano-Cusio-Ossola. Altrettanto critica la situazione a Rimini, Milano, Napoli e Prato.
A seguire ci sono le province di Treviso, Vicenza, Verona, Bergamo, Brescia, Novara, Genova, Parma, Firenze, Macerata, Roma, Caserta e Crotone.

Vera MORETTI