Prima dell’entrata in vigore della Direttiva comunitaria 653 del 18/12/1986, l’art. 1751 del Codice Civile stabiliva che l’indennità di fine rapporto era proporzionale alle provvigioni liquidate all’agente nella misura prevista dagli Accordi Economici Collettivi (AEC).
Secondo il nuovo articolo 1751 c.c. modificato dalla direttiva, all’atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a corrispondere all’Agente un’indennità qualora sostanzialmente l’Agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.
In sintesi, gli AEC riconoscono l’indennità in modo proporzionale alle provvigioni percepite dall’Agente anche nei casi in cui non vi sia un aumento degli affari, il codice civile non prevede la spettanza di emolumenti in mancanza di aumento dei clienti o degli affari con quelli esistenti.
Attualmente, quanto previsto dalla contrattazione collettiva costituisce il trattamento minimo garantito che può essere integrato dal giudice qualora ricorrano i presupposti previsti dall’articolo 1751 del Codice Civile.
Il quadro definitivo degli emolumenti spettanti all’Agente comprende tre elementi:
entrambe sono calcolate in percentuale sugli importi delle provvigioni percepite dall’agente, a prescindere dallo sviluppo del volume di affari con la clientela.
L’indennità di clientela non è dovuta se il contratto si scioglie per colpa dell’Agente.
Eventualmente si dovrebbe aggiungere il FIRR di competenza dell’anno in corso da versarsi direttamente dalla mandante e l’indennità sostitutiva di preavviso.
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