Al passaggio in giudicato della seconda condanna, quella a 3 mesi , all’artigiano venne notificato un ordine di esecuzione pena con sospensione di 30 giorni per permettergli di ricorrere al medesimo servizio. L’uomo però, che in quel momento non era seguito da un avvocato, ha erroneamente creduto che gli avvisi si riferissero sempre al primo procedimento per cui era già seguito dall’Ufficio esecuzione. È seguita quindi una telefonata da parte dei carabinieri, che gli dovevano notificare degli atti. Dopo aver salutato moglie e figlia, convinto di dover solo ritirare una carta, ha scoperto in caserma che per lui si stavano aprendo le porte del carcere.
Così l’artigiano in galera ci finisce per davvero. Per aver omesso di versare 134 euro di contributi Inps. Una micro evasione contributiva che probabilmente gli farà trascorrere il Natale in carcere.
In realtà, non si tratta di un accanimento giudiziario, perché le forze dell’ordine e la magistratura si sono limitati ad applicare la legge e non potevano fare altrimenti. E l’artigiano avrebbe dovuto dare maggior peso alle notifiche arrivategli a casa. E noi non c’indigniamo quindi per la solerzia della magistratura. Ci indigniamo perché si possa finire in carcere per un omesso versamento all’Inps. Per di più di appena 134 euro. Ma ancora di più ci indigniamo perché in Italia per una micro-evasione si finisce in carcere quando, sempre in Italia, i principi dell’evasione, della finanza creativa, i furbetti del quartierino, continuano, liberi, a godere di molte delle loro ricchezze e privilegi. Bene, questo non ci piace. Quest’Italia e quella dei due pesi e delle due misure, non è l’Italia che aiuta e assiste i piccoli imprenditori, quelli che da soli reggono buona parte del nostro sistema produttivo. Cara Italia, così non va. Cara Giustizia, se ci sei, per favore, batti un colpo.
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