Le condizioni: i commercialisti ritengono innanzitutto che una radicale rivisitazione del sistema fiscale vada subordinata a cinque condizioni che sono altrettanti no. No ad una riforma priva dei presupposti sociali e politici per durare a lungo e sì, invece, ad un percorso condiviso da tutte le parti sociali e dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, per evitare che ciò che viene fatto dalle prime venga poi “smontato” dalle seconde. No ad una riforma in cui le logiche di gettito prevalgano sugli obiettivi socio-economici di fondo. No ad una riforma “tela di Penolope”, che blocchi, fino al suo completamento, interventi immediati di riduzione o modificazione del prelievo su famiglie, imprese e professionisti. No ad una riforma che dimentichi la necessità di una semplificazione normativa. No, infine, ad una riforma che possa giustificare nuovi condoni fiscali, con i quali chiudere eventualmente con il pregresso.
Le linee d’azione prioritarie e gli obiettivi fondamentali: il documento elenca anche alcune linee d’azioni prioritarie dalle quali discendono gli obiettivi fondamentali da perseguire per un fisco migliore. Per i commercialisti vanno innanzitutto garantite regole certe per rilanciare la fiducia, elevando a norma di rango costituzionale lo Statuto del contribuente, costruendo un nucleo di principi certi e indisponibili dallo stesso Governo di turno, creando, come in molti Paesi, un’autorità indipendente che vigili sulle norme fiscali e affrontando la questione dell’”abuso del diritto”. Serve poi maggiore fermezza nella lotta all’evasione, dando priorità al nuovo redditometro (uno strumento da perfezionare e informatizzare), premiando la trasparenza finanziaria e accentuando la lotta ai paradisi fiscali. Tutto ciò senza però dimenticare la giustizia tributaria, evitando di pensare solo alla riscossione dei tributi. Il sistema tributario, scrivono i commercialisti, deve funzionare anche quando il rapporto tra fisco e contribuenti sfocia in contenzioso. Serve dunque anche una riforma della giustizia tributaria, con un nuovo processo tributario, affidato a uomini con le opportune professionalità. Per costruire un prelievo fiscale equo, efficiente e coerente, va riequilibrata la tassazione tra redditi patrimoniali e redditi produttivi, distinguendo accumulo e risparmio per incentivare la capitalizzazione delle imprese. I commercialisti chiedono anche di abolire l’Irap, imposta iniqua e distorsiva, e di premiare fiscalmente le imprese che danno lavoro. Infine, il capitolo dedicato al federalismo. Per il Consiglio nazionale della categoria esso deve enfatizzare l’inversione dei flussi di cassa rispetto al potere di creare tributi. Ciò che conta, in sostanza, è rendere regioni ed enti locali titolari del gettito prodotto dai loro territori, trasformando i trasferimenti erariali in entrate proprie.
I delegati ai tavoli per la riforma: i quattro delegati dei commercialisti ai tavoli sulla riforma fiscale sono il presidente della categoria Claudio Siciliotti (Bilancio pubblico), Enrico Zanetti, Capo Ufficio Studi della Presidenza del Consiglio Nazionale dei commercialisti (Economia non osservata), Gianpaolo Valente, Segretario Generale dell’Istituto di Ricerca dei commercialisti (Erosione fiscale) e il consigliere nazionale Roberto D’Imperio (Sovrapposizione).
Laura LESEVRE
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