“La componente di genere – ha continuato Siciliotti – è fondamentale nella società civile e per questo motivo il nostro Consiglio si è schierato a favore del ddl che norma la presenza femminile nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali. Si tratta di una grande opportunità per il ricambio della classe dirigente del Paese visto che il 90% dei posti è occupato da uomini e neanche tanto giovani. Se il nostro Paese sta crescendo meno, lo si deve anche alla inadeguata presenza femminile nelle posizioni di potere“.
Nel dettaglio del ddl è entrata Giulia Pusterla, consigliere nazionale dei commercialisti con delegata alle Pari opportunità, che ha confermato il sostegno del Cndcec allo spirito del ddl approvato alla Camera e si è espressa in termini piuttosto perentori sull’argomento: “Avremmo preferito che non fosse stata modificata la versione approvata alla Camera, edulcorata al Senato e ora in una fase stagnante. E’ assolutamente necessario vivacizzare il ddl che pone in atto misure volte a ridurre la discriminazione di una componente, quella femminile, maggioritaria nel Paese. Donne che, però, secondo il rapporto annuale dell’Istat presentato lunedì scorso, non se la passano poi tanto bene, costrette da un lato a farsi carico dei compiti di assistenza e solidarietà che lo Stato non riesce ad assolvere, dall’altro restando dodici punti sotto il tasso di occupazione delle loro colleghe europee. Tuttavia, non mi piace parlare di quote, perché evocano scenari in cui a soggetti deboli vengono destinati trattamenti di favore a prescindere dal merito. La discussione sul ddl a livello nazionale, con l’intervento di gruppi imprenditoriali, ha dimostrato la forte presenza di spinte conservatrici, l’arroccamento e la difesa di uno status quo. Il timore è che la competizione che scaturirebbe dall’entrata delle donne nei board delle società genererebbe meritocrazia sostituendo la cooptazione tra simili e spezzando l’attuale potere monolitico“.
Nel corso dell’assise è stato ricordato come il lavoro del Comitato ha già avuto effetti concreti sul Codice deontologico, dove sono state apportate modifiche sul rispetto del principio di parità inclusa quella di genere, e sul Regolamento per la formazione professionale continua che prevede per le commercialiste, nei due anni successivi al parto, di acquisire fino a 30 crediti formativi annuali tramite attività di formazione a distanza al posto dei 15 crediti riservati a tutti gli altri iscritti.
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