I giudici del Tribunale di Asti proprio ieri hanno assolto un imprenditore edile accusato di lesioni colpose a seguito della caduta di un operario da un’impalcatura di circa 185 cm. In primo luogo perché non erano applicabili al caso giudiziario le norme antinfortunistiche poste a tutela dei lavori in quota, che riguardano però le impalcature superiori ai due metri. In secondo luogo, al momento dell’incidente era già stato nominato un capocantiere, assente in quel giorno per malattia, e un coordinatore, che è invece stato ritenuto colpevole in un altro procedimento con patteggiamento della pena.
Dopo il ricorso in cassazione da parte della pubblica accusa, anche se l’altezza dell’impalcatura non rendeva direttamente applicabili le norme antinfortunistiche, la Procura aveva stabilito che, in considerazione degli obblighi cautelari imposti dall’art. 2087 del Codice Civile, l’altezza dell’impalcatura, di poco inferiore ai due metri, rendeva la situazione concreta estremamente pericolosa per l’incolumità degli addetti.
Secondo la Procura dunque il datore di lavoro avrebbe dovuto rimuovere i fattori di rischio presenti in cantiere: l’impalcato avrebbe dovuto cioè alla parete del fabbricato, evitando interstizi pericolosi per gli operai.
La quarta sezione penale di Asti non ha però accettato il ricorso, confermando l’assoluzione dell’imputato. Inoltre, vagliando l’organigramma aziendale, ha stabilito che la nomina di capocantiere e coordinatore era stata fatta nei tempi e modi corretti. L’imprenditore edile non dovrà quindi rispondere dei danni subiti dall’operaio in seguito alla caduta da un’impalcatura. La responsabilità passa dunque a capocantiere e coordinatore, regolarmente nominati e responsabili dell’accaduto per non aver vigilato sul cantiere.
A.C.
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