Cercare lavoro? Meglio chiedere agli amici

Lavoro. Perderlo, cercarlo, trovarlo. In Italia, in tempo di crisi, la prima delle tre opzioni è facile, la seconda altrettanto, la terza è un compito arduo. I mezzi per riuscirci sono molti, ma secondo il rapporto ‘Methods used for seeking work‘ di Eurostat, su dati aggiornati al secondo trimestre del 2011, in Italia oltre due persone su tre in cerca di lavoro si affidano a un intermediario, che può essere un parente o anche un sindacato.

In Italia chi bussa alle porte di amici, parenti o sindacati è pari al 76,9%, una quota superiore alla media dell’area euro (68,9%) e a quella dell’Unione europea nel complesso (69,1%). L’Italia risulta anche tra i Paesi che fanno meno affidamento sugli annunci di lavoro che compaiono sulla stampa o sul web, con solo il 31,4% che si rende disponibile a una precisa prestazione o risponde a un’offerta di impiego. Quindi, gli italiani credono poco nei contatti a distanza e privilegiano gli approcci diretti e informali. Non a caso è anche al di sotto dei valori medi europei la quota di coloro che si rivolgono ad operatori istituzionali, come i centri pubblici per l’impiego (31,9%); l’Italia è penultima nell’Eurozona, alle spalle solo di Cipro.

Un discorso analogo vale per i centri privati di impiego, come le agenzie del lavoro. In tutta Europa chi contatta soggetti privati per essere assunto è una minoranza, ma in Italia la fetta è ancora più piccola (18%). Per gli italiani, poi, la seconda via scelta per trovare un’occupazione consiste nel chiedere direttamente al datore di lavoro: sempre secondo le tabelle di Eurostat oltre sei persone su dieci in cerca si rivolge al principale. Molto probabilmente si tratta di una modalità favorita dalla struttura produttiva del Paese, composta di gran lunga da piccole e medie aziende, dove è più facile entrare in rapporto con i capi.

Laura LESEVRE