L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, oltre a essere al centro di un’accesa discussione poltica, è anche materia di interpretazione giuridica e operativa. Proprio su questi aspetti interviene il parere n. 4 emesso oggi dalla Fondazione Studi consulenti del lavoro, in risposta a un quesito sul risarcimento da corrispondere al dipendente, in caso di reintegrazione sul posto di lavoro, proprio ai sensi dell’articolo 18.
“In presenza di un licenziamento inefficace, ingiustificato o nullo, il datore di lavoro -ricordano i consulenti del lavoro- oltre alla reintegrazione, è tenuto a corrispondere al dipendente una indennità risarcitoria ‘commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione’, che ‘non può essere inferiore a cinque mensilità'”.
Pertanto, si legge nel parere, “in presenza di un licenziamento illegittimo”, “il datore di lavoro deve: in ogni caso, corrispondere al lavoratore una penale forfettaria pari a cinque mensilità della retribuzione e corrispondere al lavoratore le retribuzioni dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”. La penale forfettaria non è suscettibile di ‘sconti’, mentre il risarcimento può essere ridotto in due casi: se il dipendente illegittimamente licenziato, nelle more del giudizio, ha ottenuto dei guadagni da un’altra attività lavorativa e se il dipendente non si sia adoperato per reperire una nuova occupazione, aggravando così il danno al datore di lavoro che lo ha licenziato.
Quindi, il datore di lavoro può diminuire l’importo del risarcimento, dimostrando che il dipendente, nel periodo di illegittima interruzione del rapporto, ha percepito altri redditi da lavoro subordinato o autonomo. Il reddito deve essere stato percepito direttamente dal lavoratore e non già da altri componenti del nucleo familiare. Altra ipotesi di riduzione del risarcimento si ha nel caso in cui il lavoratore, nelle more del giudizio, non si attivi “positivamente per ricercare una nuova occupazione”. In questo caso, dicono i consulenti, “il datore di lavoro può domandare la riduzione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 18, legge n. 300 del 1970”.
La mancata cooperazione del lavoratore (con conseguente riduzione del risarcimento) può essere accertata in via presuntiva, tenendo conto della della qualificazione professionale del lavoratore, del tempo trascorso tra l’illegittimo licenziamento e la domanda di reintegrazione e dell’andamento del mercato del lavoro, valutando quindi le concrete probabilità di ricollocamento.
Fonte: adnkronos.com
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