Come speravamo, il nostro intervento di ieri a favore della Tav ha scatenato un putiferio in rete, specialmente su Facebook. Meno male, è quello che volevamo: far parlare la gente, far discutere le persone, stimolare un dibattito. Ce lo aspettavamo. E ci aspettavamo anche di essere in minoranza rispetto a quanti pensano che la Tav in Valsusa sia un’opera inutile e dannosa, così come ci aspettavamo gli insulti, variopinti e numerosi.
A questi ultimi non rispondiamo. Chi insulta non merita replica perché lo fa non avendo idee da mettere sul piatto. A quanti non la pensano come noi, rispondiamo invece “meno male”, perché sai che noia se tutti la pensassero allo stesso modo. E rispondiamo anche ribadendo alcuni motivi che ci fanno pensare che la Tav si debba fare.
Perché un Paese, come accade per l’Italia, non cresce anche per mancanza di infrastrutture: pensiamo che la Tav sia una di queste. Perché pensiamo che i blocchi, lungi dall’essere utili alla causa, danneggino proprio la gente comune che tutti i giorni lavora e si sposta sul territorio. Perché pensiamo che i valsusini, siano essi pro o contro la Tav, siano ostaggio di gruppi che non hanno alcun interesse per i destini della valle e siano i primi a pagarne le conseguenze in termini di immagine. Perché pensiamo che un’opera del genere porterà con sé occupazione e sviluppo. Perché pensiamo che, se ritarderemo ulteriormente, l’Europa chiuderà i rubinetti dei finanziamenti e, in un momento come questo, come Paese non ce lo possiamo permettere.
Avete notato, quante volte abbiamo usato il verbo “pensare” dall’inizio dell’articolo a questa riga? Nove volte. Ecco, vorremmo che la gente continuasse a pensare (e 10!) prima di insultare o attaccare e che invece pensasse (e 11!) per scrivere critiche sensate e accettabili, come è accaduto nella maggior parte dei casi. A questa gente diciamo grazie, prima che alle centinaia di persone che hanno messo il loro Mi Piace all’articolo di ieri.
Non abbiamo l’arroganza di portarvi a condividere quanto pensiamo (e 12!) né la pretesa di avere la verità in tasca, come invece tanti credono di avere. Solo esponiamo un’idea e una convinzione, accettando le critiche e rispettando le opinioni altrui. Vi chiediamo di fare altrettanto. Si chiama civiltà.
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