di Vera MORETTI
Il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori ha ribadito la sua contrarietà nei confronti della riforma del lavoro, perché colpevole di creare maggior disoccupazione e marginalizzazione dal mercato.
Il rischio, considerando che dopo la laurea 3 architetti su 4 sono professionisti autonomi, è elevato e la preoccupazione lecita, anche se, in questo caso specifico, il problema delle false partite Iva tra gli iscritti all’albo è marginale.
Il riferimento è alla norma della riforma del lavoro che vorrebbe includere “gli iscritti agli Albi tra coloro che, ove lavorassero per oltre sei mesi per il 75% per un medesimo cliente, dovrebbero essere assunti come dipendenti. L’applicazione di questa norma creerebbe danni all’intera categoria: già ora sta crescendo la disoccupazione degli architetti che, secondo i dati Cresme, in tre anni è più che raddoppiata“.
Si tratta di un settore anomalo, per quanto riguarda i rapporti di lavoro, che nella maggior parte dei casi esula dal canonico rapporto datore di lavoro/dipendente, come dimostrano anche i dati Almalaurea 2011: “A un anno dalla laurea hanno un rapporto professionale atipico ma comunque contrattualizzato, il 46,8% dei giovani architetti; questo dato scende al 15% cinque anni dopo la laurea, perché la stragrande maggioranza ha a quel punto avviato un’attività professionale stabile, oppure ha un contratto di lavoro subordinato. I rapporti non contrattualizzati a un anno dalla laurea interessano il 14%, per scendere al 2% dopo cinque anni“.
Cosa significherebbe ciò? La riforma colpirebbe la totalità dei professionisti e non la piccola parte degli iscritti, questa solo vittima reale di trattamenti inadeguati.
Il Consiglio si pone favorevole alla battaglia iniziata dal governo al fine di debellare i rapporti non contrattualizzati, ma andrebbero presi provvedimenti differenti a seconda dei casi.
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