L’Italia è un cantiere. Fermo.

Non abbiamo fatto in tempo ad applaudire, ieri, l’iniziativa dell’Ance, che ha detto basta ai pagamenti lumaca della Pubblica Amministrazione e ha deciso di citare in giudizio lo Stato qualora continui a non pagare le imprese dell’edilizia, che è arrivata una notizia che ha fa montare ancora di più la rabbia, tanto a noi quanto alle stesse imprese edili.

Ci ha pensato Confcommercio a darcela, presentando il suo Libro bianco sui Trasporti in Italia e parlando delle grandi infrastrutture del nostro Paese decise ma mai deliberate o i cui lavori sono fermi da anni. Una galleria degli orrori che conta 27 protagonisti per un valore complessivo di 31 miliardi di euro. Consideriamo che il presidente dell’Ance Buzzetti, parla di crediti nei confronti dello Stato per 19 miliardi…

Quello che più scoraggia, o fa incazzare, a seconda dei punti di vista, è leggere i tempi di realizzazione che interessano queste grandi incompiute: the winner is…, anzi, are… il tunnel Rapallo Fontanabuona in Liguria e la trasversale Fano-Grosseto in Toscana, che aspettano da 50 anni di vedere la luce. Ma si difendono bene la Pedemontana Veneta (46 anni), la statale 96 Bari-Matera (20 anni), l’autostrada Roma-Latina (11 anni) e la terza corsia dell’A11 in Toscana e il prolungamento dell’A27 in Veneto (5 anni).

Tutte opere che hanno sofferto di blocchi, veti, burocrazia, taglio dei fondi (dice infatti il documento di Confcommercio che “è senza dubbio doveroso tenere nella debita considerazione gli effetti che la grave congiuntura economica inevitabilmente sta esercitando sugli stanziamenti previsti” ma che fanno gridare allo scandalo se si considera quante imprese, che oggi agonizzano, potrebbero trarre beneficio dall’apertura dei vari cantieri.

Va bene la crisi ma, secondo Confcommercio, i difetti e i vizi della burocrazia di casa nostra pesano ancora in maniera troppo rilevante: è infatti evidente “la pericolosa lentezza con cui si stanno utilizzando i 41,2 miliardi di fondi strutturali e FAS stanziati per il quinquennio 2007-2013“. Fondi dei quali è stato utilizzato solo il 12%. E se si va avanti così, a fine 2012 Bruxelles batterà cassa per riavere la sua quota di stanziamento, pari a 2,6 miliardi. Proprio quello che ci vuole, con l’economia in ginocchio e le imprese che si volatilizzano.

E vogliamo parlare di quello che avrebbero significato queste infrastrutture in termini di Pil? Parliamone. Secondo Confcommercio, se l’Italia nel decennio 2001-2010 avesse attualto politiche di miglioramento dell’accessibilità stradale che allineassero il sistema-Paese all’andamento dello stesso indicatore, per esempio, della Germania, si sarebbe registrato un incremento del Pil di 142 miliardi di euro. E se si fosse armonizzato l’accesso alla rete delle infrastrutture tra Nord e Sud del Paese il Pil ne avrebbe beneficiato per circa 50 miliardi nel solo 2010: questo sarebbe valso il portare i livelli di accessibilità medi del Mezzogiorno agli standard raggiunti dalla Lombardia.

E allora, che cosa pensare? Che le imprese di costruzioni fanno bene a picchiare i pugni sul tavolo. Che chi ci governa e ci ha governato forse non ha ben chiaro che migliori infrastrutture significano migliore economia. Che è vero che siamo in periodo di vacche magre (-34% di risorse per nuove infrastrutture dal 2009 al 2011), ma i soldi per far partire i cantieri si possono e si devono trovare tagliando i rami secchi, le sacche di improduttività, le spese irrazionali dello Stato. Che ci meritiamo uno Stato così? Noi non ci vogliamo rassegnare.

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