Siamo in guerra? E allora combattiamo!

di Davide PASSONI

C’è chi ancora confonde l’essere pessimisti con l’essere realisti. Brutto segno, specialmente in un periodo come questo. Di sicuro, notizie positive dai mercati e per le piccole imprese ne arrivano pochine, anche da Confindustria. Di solito Viale dell’Astronomia non è solito usare toni allarmistici o catastrofici, ma quanto emerge dal Centro studi di Confindustria non lascia spazio alla poesia: per il prossimo biennio il Pil è visto in calo del 2,4% (2012) e dello 0,3% (2013), con un ritocco al ribasso di quanto previsto nel dicembre dello scorso anno (-1,6% per il 2012, +0,6% nel 2013). “Siamo in piena recessione e non ne usciremo tanto rapidamente“, ha detto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.

Il 90% dell’arretramento di quest’anno è già acquisito nel secondo trimestre 2012 (-2,1)“, scrivono gli economisti del Csc, ricordando non solo le conseguenze innescate dall’esito incerto delle elezioni in Grecia, la crisi delle banche spagnole ma anche il fatto che “le istituzioni europee non sono riuscite a trovare una soluzione praticabile e credibile a causa della conyrapposizione degli interessi nazionali dei singoli stati“.

E qui arrivano le parole pesanti. Per il Centro studi di Confindustrianon siamo in guerra: ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto“. Come in un conflitto, sono colpite a morte “le parti più vitali e preziose del sistema Italia“: industria manifatturiera e giovani. “L’aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi in quasi tutte le economie avanzate a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali“, proseguono, tanto per chiarire come siamo messi.

L’occupazione è il fronte più colpito dal “conflitto”: si prevede che il 2013 chiuderà con 1 milione e 482mila posti di lavoro in meno rispettp a inizio 2008. La disoccupazione prosegue a galoppare e a fine 2013 potrebbe toccare il 12,4% dal 10,9% di fine 2012.

Anche sul lato dei consumi siamo messi maluccio: -2,8% nel 2012 e -0,8% nel 2013 con i consumi reali a -4,5% rispetto alla media 2007. Tradotto in soldini, nel 2013 il livello di benessere degli italiani sarà del 10% più basso rispetto alla media 2007, quasi 2.500 euro in meno a prezzi costanti.

L’inflazione nel 2012 dovrebbe salire dal 2,8% del 2011 al 3,1% (opinabile…) per tornare al 2,6% nel 2013 mentre, sempre nel 2013, il deficit pubblico scenderà dal 2,6% del 2012 all’1,6% del Pil, ben lontano dal pareggio di bilancio, come richiesto dal “fiscal compact” e dalla modifica dell’articolo 81 della Costituzione: 1,1% del Pil nel 2012 e 0,4% nel 2013.

Insomma, trovateci una bella notizia, se ci riuscite. Noi ci proviamo e proviamo a guardare dentro quell’Italia produttiva che fa i miracoli soprattutto con l’export, nonostante uno stato miope e rapace; dentro a quella piccola impresa strozzata da tasse e burocrazia che, però, alza la saracinesca ogni mattina convinta di essere se stessa la prima risposta alla crisi; dentro a tutte le realtà produttive che non si rassegnano all’idea di morire per colpe non loro e che ce la vogliono fare. Insomma, cara Confindustria, siamo in guerra? E allora combattiamo. Non per morire con onore ma per vincere, con orgoglio.