”La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all’anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati. In particolare -rileva l’Istat- l’incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati nè ritirati dal lavoro e dall’8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia. Tra quest’ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%)”.
La povertà assoluta ”aumenta tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall’8,5% al 16,5%). L’incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: famiglie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall’8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%). Peggiora la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%)”.
”A fronte della stabilità della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa ripartizione -viene sottolineato- la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro)”.
Questo il commento di Confesercenti: “I dati sulla povertà delle famiglie italiane diffusi oggi dall’Istat sono allarmanti. Sebbene la percentuale sia rimasta stabile, infatti, in termini assoluti rispetto al 2008 sono ben 100mila in più le persone al di sotto della soglia di povertà relativa.
Un enorme disagio sociale su cui pesano sempre di più le chiusure di molte imprese e il conseguente aumento della disoccupazione. Non dimentichiamo, infatti, che con la chiusura, solo nei settori di commercio e turismo, di più di 132mila imprese nel 2011 e di oltre 79mila nei primi sei mesi di quest’anno, non si sono distrutti solo lavoro e imprenditorialità, ma si sono creati migliaia di disoccupati.
Oltre a chi non ha un lavoro, sono sempre più colpite anche alcune categorie di occupati in particolare: l’incidenza della povertà relativa cresce infatti per gli operai, per i quali passa dal 15,1% del 2010 al 15,4% del 2011, e pure per gli autonomi (da 7,8% a 7,9%). Le cose vanno male soprattutto per i lavoratori in proprio: per loro l’incidenza cresce dal 10,7% del 2010 all’11,2% dello scorso anno. Si tratta dell’aumento più vistoso tra gli occupati.
Quando il disagio sociale ed economico colpisce il lavoro nel suo complesso, da quello dipendente e quello autonomo, è il momento di invertire la tendenza con misure forti che riducano la chiusura di imprese, rilancino la crescita economica e raffreddino le tensioni sociali”.
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