Società tra professionisti, i chiarimenti dei consulenti del lavoro

Con la circolare n. 15 della Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, quest’ultima interviene su uno dei punti centrali della riforma delle professioni, una figura giuridica che negli ultimi tempi ha preso sempre più piede e che consente l’esercizio in forma associata o societaria della libera professione: la società tra professionisti (Stp), ammessa in Italia dal 2001 e che attende un nuovo passaggio per dare piena attuazione alla normativa che la disciplina.

La circolare ricorda che è stato il decreto delegato n. 96/2001, di attuazione della direttiva comunitaria 98/5/CE, a introdurre la possibilità di svolgere, nello specifico, la professione forense in forma associata secondo il tipo di società tra avvocati, appositamente creata.

Ad anticipare la possibilità di utilizzare società per servizi professionali sono stati, però, gli ingegneri. Il definitivo riconoscimento delle società di ingegneria avvenne con la legge 109/94, la quale prevedeva l’affidamento di incarichi di progettazione a società di ingegneria nel caso in cui le pubbliche amministrazioni versassero in particolari condizioni (carenza di personale tecnico, difficoltà a rispettare i tempi, etc.). E attualmente la norma di riferimento è l’articolo 90, comma 2, del decreto legislativo 163/06 (Codice Appalti).

La materia dell’esercizio della professione in forma societaria, spiegano i consulenti del lavoro, è stata recentemente e ulteriormente regolamentata in due diversi provvedimenti: l’articolo 3 comma 5 della legge 148/2011 e l’articolo 10 della legge 183/2011. Con questi due atti normativi, nella compagine societaria delle Stp fa il suo ingresso il socio di capitale, anche con finalità di investimento. L’attività professionale, invece, deve essere esercitata in via esclusiva dai soci che possono anche appartenere a diversi ordini, dando vita così a società multidisciplinari.

Il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell’ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla sua cancellazione dall’albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi. La legge 183/2011 prevede, inoltre, la limitazione di partecipazione a un’unica società per tutti i soci (senza distinzione tra professionisti e soci di capitale).