Ci sono alcune categorie professionali che soffrono più di altre la concorrenza sleale degli abusivi. Tra questi ci sono sicuramente i fisioterapisti, che sono in tutta Italia 50.000, ma che si devono “scontrare” con almeno il doppio di “colleghi” abusivi.
A fronte di questi numeri preoccupanti, dunque, l’Associazione italiana fisioterapisti si sta organizzando su due fronti: attraverso una campagna di sensibilizzazione che sarà attiva su tutto il territorio dal 10 al 14 settembre, e con alcune iniziative previste per la giornata mondiale della fisioterapia, l’8 settembre.
Antonio Bortone, presidente dell’Aifi, ha dichiarato: “Quella sull’abusivismo in fisioterapia è addirittura una stima approssimata per difetto. Il fenomeno, per quanto difficilmente misurabile, è di dimensione notevole: si tratta di millantatori che però esercitano una professione, quella di fisioterapista, che non possono esercitare“.
Al fine di mettere in guardia i pazienti da questi finti professionisti, Bortone elenca alcune regole da osservare: “Intanto bisogna tener presente che oggi i requisiti per fare il fisioterapista sono chiari e dunque il professionista deve esibire il titolo di laurea, rilasciato da una università italiana (e non da atenei stranieri o dai nomi fantasiosi), esattamente come avviene per ogni professionista, sia esso architetto o ingegnere o avvocato. Occorre anche sapere che per i titoli presi prima del 1999 c’è un decreto legge che stabilisce l’equipollenza. E se il fisioterapista non espone il titolo, lo deve esibire su richiesta del paziente“.
Non vergogniamoci a chiedere ciò che è nel nostro diritto, soprattutto perché ne andrebbe di mezzo la nostra salute.
Inoltre, avverte ancora Bortone, bisogna stare in guardia da coloro che, durante la seduta, non chiedono al paziente la sua documentazione clinica, oppure non fanno interventi precisi e appropriati al racconto anamnesico del cliente. Inoltre, alla fine del trattamento, il professionista deve emettere una fattura senza Iva, come accade per tutte le professioni sanitarie.
Ma, per evitare incontri spiacevoli a chi non è in grado di “testare” la preparazione della persona che si trova davanti, occorrerebbe, come è richiesto da anni dall’Aifi, l’istituzione di un albo professionale.
Vera MORETTI
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