Distretto di Sassuolo, il cuore della ceramica

Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo, cantava Gino Paoli. Ed è proprio dall’intraprendenza e dalla voglia di fare della gente comune che sono nate alcune delle realtà industriali più importanti del nostro Paese: il distretto della ceramica di Sassuolo, situato nella fascia pedemontana tra le province di Modena e Reggio Emilia, è senza dubbio un esempio di “quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune”.

In un fazzoletto di terra compreso fra Sassuolo, Fiorano, Maranello e Formigine c’è la più alta concentrazione di industrie ceramiche al mondo: un esempio virtuoso di eccellenza del made in Italy che ha consegnato all’Italia il titolo di leader nella produzione di ceramica per pavimenti e rivestimenti nel mondo.

Infoiva ha intervistato Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo e Primo Presidente dell’Unione dei Comuni del Distretto ceramico.

Il distretto ceramico di Sassuolo rappresenta un caso emblematico di industria di filiera in Italia. Qual è il suo segreto? Quale il suo valore aggiunto?
Senza dubbio le persone. Negli anni ’50 Sassuolo era definita zona agricola depressa. L’intraprendenza, la genialità, l’inventiva delle persone hanno trasformato colline “brulle”, perché cariche di argilla rossa, nella capitale mondiale della produzione ceramica.

Il vostro distretto vanta anche attività legate a design e decorazione della ceramica. Come convivono e si relazionano l’anima più produttivo-meccanica e quella creativa?
L’una è complementare all’altra, la prima non esisterebbe, non in maniera tanto importante, senza la seconda; e viceversa. L’estro creativo applicato alla piastrella è frutto di quel miracolo economico e sociale chiamato “Distretto Ceramico”: un gruppo di amici che si sono sempre spartiti i compiti e scambiate le informazioni. Sassuolo è conosciuta nel mondo come sinonimo di produttività e professionalità: le nostre piastrelle sono sicuramente le più resistenti, qui è nato il gres porcellanato, qui sono nate le lastre sottili applicabili anche ma non solo alla pavimentazione e al rivestimento: oggi con le piastrelle puoi ricoprire gallerie, creare edifici autosufficienti da un punto di vista energetico. Abbiamo al piastrella che respira, quella che si pulisce da sola, quella che accumula energia, quella che aiuta i non vendenti nell’aggirarsi per casa o in strada. Ma le nostre piastrelle sono anche, e soprattutto, le più belle: quel made in Italy applicato alla ceramica che tutto il mondo ci invidia e che è disposto a pagare un po’ di più per averlo, passa anche e soprattutto dall’estro creativo e grafico di veri e propri artisti della serigrafia.

Il comparto ceramica è un valore commerciale per l’economia del nostro Paese, soprattutto grazie al settore dell’export, che nei primi 6 mesi del 2012 si è attestato a quasi 1 miliardo e 900 milioni. Quanto conta per voi il mercato dell’export?
L’export, oggi, è ciò che permette alle nostre aziende di essere ancora tali e non semplici capannoni dismessi. Anche questo, vede, è figlio di una genialità e di una lungimiranza tipicamente sassolese. A metà degli anni ’90 i principali competitors delle nostre aziende erano gli spagnoli che approfittavano di finanziamenti a fondo perduto provenienti dall’Unione Europea per costruire palazzi su palazzi, porti, infrastrutture, intere città. A Valencia, ogni anno, si tiene Cevisama: c’è stato un periodo in cui visitando quella città, per la fiera, una volta all’anno ti trovavi, ogni volta, in una città nuova: cambiavano addirittura i punti di riferimento. Sorgevano palazzi, strade, ponti, nuovi quartieri. La Spagna ha puntato, quindi, esclusivamente sul mercato interno ed oggi fatica più che mai. A Sassuolo, invece, ci fu l’intuito di guardare oltre l’orto di casa, puntando a nuovi mercati, cambiando da pasta rossa a pasta bianca, piastrelle dorate per la Russia, simili a lastre di marmo per gli Stati Uniti. Se non è lungimiranza questa…

Quali sono i maggiori Paesi dove esportate le vostre produzioni? Come sono cambiati con l’avvento della crisi?
I mercati principali per l’export restano quello russo e quello statunitense, anche se stanno prendendo sempre più piede realtà nuove, che fino a qualche decennio gli insegnanti di geografia addirittura tralasciavano di raccontare ai propri studenti. Paesi come gli Emirati Arabi, paesi opulenti ed in grado di apprezzare la qualità a discapito del prezzo.

Perchè la ceramica italiana è così amata e apprezzata all’estero?
Perché è senza dubbio la migliore. La più resistente, adatta ad ogni ambiente, sia residenziale che commerciale, la più versatile e al tempo stesso la più bella. L’Italia, la sua storia, la sua arte e la sua cultura sono apprezzate in tutto il Mondo: la ceramiche ha fatto proprio questo background mettendolo sulle pareti e sotto i piedi di tutti. Mi ripeto: il gres porcellanato, la vera grande rivoluzione degli anni ’80 che ha sostituito mono e bicottura, è nata a Sassuolo. Le lastre sottili da tre millimetri sono nate qui: non è un caso ed è apprezzato in tutto il mondo.

Il successo del Salone Cersaie conferma che l’industria della ceramica in Italia non teme la crisi. Il vostro distretto conferma questa proiezione?
Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che il distretto ceramico sassolese sia stato per anni, e resti tutt’ora, uno straordinario esempio di quell’imprenditorialità tipicamente italiana che nasce dalla gente comune. Non è un caso che alcune delle aziende ceramiche più prestigiose siano nate in bar, con quattro amici che preferivano parlare di futuro anziché giocare a briscola. Il fatto che, nel periodo del cosiddetto boom economico, la gente “comune” abbia potuto realizzare il proprio sogno inventandosi un’azienda che produceva frutti e posti di lavoro, ha fatto sì che nel nostro distretto sia sempre regnata una sorta di “pace sociale” invidiata da più parti in Italia. Il patrimonio economico delle nostre aziende, negli anni, è sempre cresciuto di pari passo con il tenore di vita della cosiddetta “classe operaia”. Purtroppo, però, questa crisi mondiale ha cambiato le carte in tavola: il mercato italiano è fermo, la burocrazia ed i costi energetici, oltre che di trasporto e materie prime che ancora oggi fanno parte del nostro sistema Paese rendono la concorrenza internazionale sempre più dura per le nostre aziende che, d’altro canto, hanno dovuto sempre più puntare a mercati stranieri, spesso cosiddetti “emergenti” per mantenere inalterati produzione e fatturato a discapito di un mercato interno deficitario. Questo ha fatto sì che la crisi, dal punto di vista sociale, forse per la prima volta nella storia del nostro distretto, non sia andata di pari passo con la crisi economica. Cersaie ha confermato l’alto valore, il ruolo leader nel mondo delle nostre aziende ceramiche, che oggi, però, sono sempre più internazionali e sempre meno locali: tutto un mondo chiamato “indotto”, che nei decenni passati è fiorito assieme alle ziende ceramiche, è in forte difficoltà e con esso tantissimi posti di lavoro e tantissime famiglie.

Un’industria che non si arrende. Il sisma dello scorso maggio ha colpito profondamente le aziende del distretto. Come hanno reagito nell’immediato le aziende del distretto? Come si ricomincia?
Come sempre è stato. Il sisma dello scorso maggio ha dato ancora una volta prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, di che pasta è fatta l’Emilia. Le aziende sono ripartite immediatamente, tristi, danneggiate, ma con la stessa intraprendenza che le ha sempre contraddistinte e con la consapevolezza che non si poteva perdere tempo per salvaguardare la posizione di mercato ed i posti di lavoro. Conosco realtà ceramiche, molto importanti e conosciute, che la mattina del 29 maggio si sono trovate con le linee produttive fuori asse, i forni spenti, le mura dei capannoni crepate. Nessuno lo ha mai saputo, la notizia non è nemmeno uscita: immediatamente ci si è rimboccati le maniche ed in venti giorni la produzione è ripartita.

Nei giorni scorsi, i principali quotidiani nazionali hanno riportato la notizia di una mancata erogazione dei fondi raccolti dopo il sisma e destinati a ridare ossigeno alla zona. Avete riscontrato ritardi negli aiuti? Quali le maggiori difficoltà che avete incontrato?
Sinceramente ci ho sempre sperato poco: anche all’Aquila era successo qualcosa di simile. Credo che, come me, ci abbiano sempre creduto poco anche quelle persone che dal terremoto hanno perso tutto.  Con la nostra Amministrazione abbiamo preferito un’altra strada: agli sms abbiamo sostituito gli abbracci, ai 2 euro le cucine da campo, le casse con generi alimentari, i Tir carichi di beni di prima necessità o giocattoli per bambini.
C’è stata una grande attenzione mediatica sul sisma dell’Area nord della Provincia di Modena, temo, però, che a questa non sia seguita quell’attenzione da parte di chi avevano il potere di sburocratizzare, snellire le procedure, aiutare concretamente chi aveva solamente bisogno di non vedersi mettere il bastone tra le ruote dallo Stato. Al resto hanno sempre dimostrato di riuscire a far fronti da soli. La nostra scelta, quella di puntate su aiuti semplici e concreti anziché su grandi ma fumose promesse , è stata apprezzata: tanto dalle persone che hanno ricevuto gli aiuti quanto dagli altri. Abbiamo ricevuto interi Tir carichi di ogni genere e Sassuolo è divenuto in breve, con il lavoro di centinaia di giovani volontari che invece di uscire ed andare a divertirsi passavano giornate, serate e la notte a smistare pacchi e svuotare tir o bauli di auto, un vero e proprio centro di smistamento.

Alessia CASIRAGHI