Imprese funebri tra crisi e tradizione

di Davide PASSONI

Sono gli imprenditori con cui non vorremmo mai avere a che fare, ma prima o poi ci tocca. Buon per loro, altrimenti fallirebbero dopo una settimana dall’apertura della loro attività. Parliamo delle imprese che operano nelle onoranze funebri, un settore che fattura quasi 1 miliardo e mezzo all’anno e che, agli occhi dei più, non ha le dimensioni e l’importanza in termini di giro d’affari che, invece, riveste. Noi di Infoiva, curiosi per natura e “ispirati” dalla settimana che porta alla celebrazione della festa dei defunti, abbiamo posto qualche domanda ad Alessandro Bosi, 42 anni segretario nazionale Feniof, la Federazione Nazionale Imprese Onoranze Funebri, per saperne di più.

Qual è lo stato di salute del vostro settore?
Lo stato di salute del nostro settore sconta una problematica. Se è vero che la morte è un evento sociale cui non ci si può sottrarre – pur con alcune variazioni, ogni anno i decessi in Italia sono circa 560mila – quello che cambia, specialmente sulla spinta della crisi, è l’orientamento crescente da parte del cittadino a chiedere forniture e servizi più economici, che significa spesso di minor livello qualitativo. In questo senso, anche l’incremento del ricorso alla cremazione gioca un ruolo importante e comporta, per esempio, la scelta di bare più economiche: che differenza c’è tra una bara che viene bruciata subito e una che, esumata dopo 20 anni, è
completamente sfatta? Scelgo quella che cosa meno. Insomma, cambia l’evidenza pubblica dell’onoranza, ci si orienta verso uno “smaltimento” del defunto più che verso un commiato. Un segno dei tempi.

Tempi di crisi?
Tempi in cui si scelgono funerali più economici e si registra un crescente problema nei pagamenti da parte delle famiglie.

Onoranze funebri in Italia: di che giro d’affari parliamo?
Se si considera il costo medio di un funerale intorno ai 2700 euro, sulla base di 540mila servizi utili svolti durante un anno si arriva più o meno al miliardo e 350 milioni. Resta escluso un indotto su cui l’impresa funebre non ha incidenza e che è pari a 2 miliardi e 800mila euro.

Sarebbe?
Parliamo di budget riferito a interventi di ambito cimiteriale: 1 milione e 300mila euro per marmi e monumenti funebri, 1 milione e 100mila euro per vari diritti comunali e/o sanitari, 400mila euro per l’intervento di fioristi, giardinieri, manutentori ecc.

All’inizio parlava di aumento del ricorso alla cremazione: che cosa comporta?
La cremazione abbassa non in costi del funerale ma del decesso: affidando l’urna ai familiari o disperdendo le ceneri, si evita il pagamento della concessione del loculo cimiterale. Anche se alcune città sono passate da chiedere 0 euro per la creazione a chiederne tra 400 e 500, in base a quella che è una tariffa ministeriale. Questo per evitare fenomeni di lucro sul processo di cremazione.

Funerali low cost: chi li organizza dice che sono paragonabili ai funerali più cari in termini di qualità e servizio. Ha ragione?
Sarò di parte, ma penso di no. Io paragono il servizio funebre alle auto; posso viaggiare da Roma a Milano su una 500 o su una Maybach: a Milano ci arrivo in entrambi i casi, ma secondo lei è paragonabile la qualità del viaggio? Le differenze ci sono eccome. Oggi chi vende un servizio funebre “classico” lo fa perché il cliente ne apprezza la qualità e l'”abbraccio” che ne deriva. L’imprenditore fa una scelta: non essere un trasportatore di defunti ma un erogatore di servizi collaterali che poi, naturalmente, incidono sulla fattura ma anche sulla qualità.

Vabbè, non mi dica che nessuno fa il furbo…
Certo, ricarichi più o meno giustificati ci possono essere, così come ci sono soggetti meno o più virtuosi. Ma, mi creda, un funerale da 2mila euro non è offre un servizio comparabile a quello da 8mila.

C’è chi accusa le imprese di onoranze funebri di fare tra loro cartello nelle varie città. Che cosa risponde?
Che non è assolutamente vero, al di là di quella che è percezione dell’opinione pubblica. Il settore è partecipato da un numero di operatori che è raddoppiato negli ultimi anni, ora siamo circa 6mila; tra questi c’è sicuramente gente “aggressiva”, la concorrenza è tanta e non c’è un tavolo di concertazione per stabilire tariffe unitarie. E questo per il cliente è un bene. Il mio consiglio è quello di chiedere sempre il preventivo a diverse imprese e paragonarli a parità di servizi, prima di effettuare una scelta. Tutti sono capaci di dire “Ti vendo un funerale a 1200 euro”; poi però la fattura è più alta perché comprende voci accessorie non specificate.
La trasparenza è a tutela degli imprenditori virtuosi.

E il fenomeno delle imprese funebri che si presentano in anticipo alle famiglie del moribondo o che, negli ospedali, si propongono per gestire le esequie?
Lancio un avvertimento ai cittadini: diffidate di chi, negli ospedali, si propone autonomamente per gestire il servizio funebre. Si tratta di una pratica illegale, truffaldina: non ci sono convenzioni né accordi esclusivi con alcun ospedale in Italia, chi propone il contrario è un delinquente.

Si dice sempre che il vostro è un settore che non conosce crisi: quanto c’è di vero e quanto no?
Si tratta di una frase che vacilla: i problemi di pagamento da parte dei cittadini ci sono. E ci sono anche imprenditori che, nel tempo, hanno fatto investimenti importanti che devono essere ammortizzati in un mercato che, oggi, pare prediligere lo “smaltimento” del morto più che l’onoranza funebre. Un fenomeno che si nota più nelle grandi città, mentre nei paesi è ancora sentita l’importanza del commiato. Un fenomeno che mette in difficoltà un imprenditore, se non riesce a marginare a dovere.