Il riordino delle Province, il cui primo termine è scaduto appena ieri, mostra qualche segno di cedimento.
Ciò che in molti auspicano, ovvero la soppressione di 64 province, come stabilito dal ridisegno degli enti provinciali, forse non avverrà.
Insomma, il decreto sulla spending review che chiedeva alle autonomie locali un riordino da trasmettere poi alle Regioni sembra lontano dall’essere applicato.
Perché questo? Prima di tutto, delle 64 province che dovrebbero “sparire”, ben la metà sarebbero destinate a ritornare, sotto altre spoglie, inoltre è stato aperto un contenzioso da 17 amministrazioni locali, alcune costituite da province, altre da regioni.
Per non parlare delle esenzioni e delle eccezioni che riguarderebbero alcune specificità territoriali non ben definite.
Per questo, Confesercenti ha proposto di eliminare totalmente le province il cui disavanzo, di 500 milioni di euro, corrisponde ad oggi al 12% del disavanzo totale delle amministrazioni locali.
Il risparmio, se questa operazione venisse attuata, sarebbe di 4,5 miliardi, poiché porterebbe al taglio immediato degli stipendi di 3.853 politici, oltre a quello di 1.045 organismi partecipati delle province.
Altri risparmi arriverebbero dal riassorbimento dei 63.000 dipendenti provinciali, che andrebbero ad occupare posti nella pubblica amministrazione, con la riduzione di nuove assunzioni e 2,3 miliardi in meno di spesa annua.
Vera MORETTI
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