Si fa presto a dire bara…

di Davide PASSONI

Lo sapevate che, in Italia, ci sono circa 50 aziende che fabbricano cofani funebri, mentre in Germania solo 2? Che i cinesi ci fanno concorrenza anche in questo settore? Che per ogni bara artigianale servono 25-30 ore di lavoro? Noi no. Ce lo ha raccontato Marco Ghirardotti, presidente di Assocofani, l’associazione dei produttori di cofani funebri.

Che cifre muove il settore dei cofani funebri in Italia in termini di fatturato, addetti, imprese?
Per quanto riguarda i dati specifici relativi alla fabbricazione di cofani funebri, non abbiamo cifre esatte, perché non c’è una banca dati vera e propria. Per quanto riguarda invece i produttori, se a fine Anni ’80 in Italia c’erano circa 240 aziende, oggi se ne contano meno di una 50ina, di cui circa 30 molto piccole e a gestione familiare, dislocate principalmente al Sud. Il 45% del mercato di produzione è attualmente coperto dalle aziende più strutturate, che sono 5 e, come numeri, producono tra i 20mila e i 50mila pezzi all’anno ognuna.

Un numero che copre il fabbisogno nazionale?
I decessi che comunque avvengono annualmente in Italia (fonte Istat) sono nell’ ordine dei 500-550mila con uno scostamento in positivo o in negativo all’incirca del 10% annuo nel corso dell’ultimo decennio, quindi il fabbisogno annuo nazionale si attesta sugli stessi numeri.

E le aziende, come lavorano in questo contesto?
Con un occhio attento a quello che succede in giro. Per esempio, a breve sarà emanata una norma UNI che stabilirà come dovranno essere prodotte le casse funebri in legno: anticipo che la norma ribadirà l’utilizzo esclusivo di legni massicci (come già la legge Italiana in materia prevede), niente multistrato, truciolare e affini, ma con un occhio attento anche all’ambiente ed all’ecologia. Quindi chi ha sempre sognato una bara di cristallo, dovrà rassegnarsi : bella, ma non sarà a norma. Per il resto il prodotto italiano, così come avviene per altri settori, è contraddistinto per la sua qualità e il suo design unico al mondo ed è internazionalmente riconosciuto.

Concorrenza dall’estero?
Con la globalizzazione anche questo settore ha visto l’ingresso di nuovi soggetti produttivi esteri.  Infatti quasi la metà dei prodotti che sono presenti  oggi sul mercato italiano e che vengono utilizzati dalle imprese di pompe funebri italiane provengono da Paesi come Cina, Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Guatemala. Sono prodotti di qualità molto inferiore rispetto alla nostra  ma chi li commercializza , poiché attualmente non esiste l’obbligo di certificarne e dichiarane la provenienza, spesso li propone senza le dovute indicazioni o, peggio ancora, li spaccia per italiani.

Ah, la globalizzazione anche qui…
La concorrenza è forte e la lotta spesso impari, soprattutto per quanto riguarda il prezzo. In questo campo la manualità è ancora molto presente  e determinante sulla qualità della lavorazione e di conseguenza la componente prezzo della manodopera varia notevolmente in funzione di ciò; i costi orari dei Paesi emergenti non sono minimamente paragonabili a quelli che invece devono sostenere le aziende Italiane. Per non parlare poi dei costi inerenti alla sicurezza del lavoro e per l’ambiente, tasse etc…

Italians do it better anche in questo caso?
Naturalmente!! Il cofano di Luciano Pavarotti, quello di Lucio Dalla e anche quello dell’ ex presidente russo Eltsin sono usciti dalle nostre aziende. Per combattere la concorrenza estera ci dobbiamo posizionare sul mercato con prodotti medio – alti, offrendo alle imprese un mix di design-qualità e innovazione a un prezzo conveniente.  Nota dolente però è che in controtendenza stiamo assistendo a un abbassamento generale del livello della “gestione” del defunto, dovuta principalmente e sempre più spesso al depauperamento dei valori morali che hanno contraddistinto le generazioni che ci hanno preceduto. In pratica, ci sono meno attenzione e sensibilità da parte dei dolenti nei confronti dei propri cari passati a miglior vita. Non per ultima la cremazione, nata come una scelta filosofica della morte, e che sta diventando sempre più spesso invece quasi una forma di smaltimento del cadavere.

Curiosità: quanto lavoro c’è dietro a un cofano funebre?
Se pensiamo a cofani prodotti secondo processi industriali, per ciascuno di essi servono minimo 9-10 ore di lavoro effettivo, che possono diventare 25-30 o anche più per quelli prodotti con processi artigianali. Non va dimenticato però che a monte di ciò c’è la materia prima: il legno. Per poter produrre un cofano serve una preparazione meticolosa del materiale che deve essere innanzitutto perfettamente stagionato. Questa operazione indispensabile per la perfetta riuscita del manufatto, può iniziare anche 2 anni prima della prima piallatura della tavole necessarie alla realizzazione della cassa.

Allora chi dice che sono solo di quattro assi inchiodate, valore commerciale massimo 400 euro, sbaglia?
Se fossero realmente quattro assi inchiodate lo direi anch’io. Le faccio un esempio. Per la cassa funebre utilizzata per le esequie del cardinal Martini, (realizzata da una azienda  associata Assocofani e fra le più quotate al mondo), la componente del puro materiale utilizzato superava ampiamente, a mio parere, i 1000-1500 euro; se a questi aggiungiamo le oltre e 80 ore di lavoro artigianale per la realizzazione della stessa, lascio immaginare ai lettori quale possa essere il prezzo giusto per tale prodotto, sicuramente non il prezzo delle quattro assi inchiodate.

C’è export per i cofani funebri italiani?
Sì, esportiamo all’estero, ma dobbiamo andare su mercati remunerativi. Già ad esempio tutti i mercati ricchi ma di fede musulmana sono tagliati fuori, visto che non utilizzano le bare ma sudari. C’è la Russia, per esempio, gli Usa, ed esportiamo molto in Germania e in Svizzera, dove però il cliente tipo dei nostri prodotti, spesso è una famiglia di emigranti italiani. Pensi che in Germania ci sono più decessi dei nostri ma sono solo 2 produttori.

Quanto pesano sul vostro settore le strette fiscali operate sulle imprese?
Che dire, siamo tutti nella stessa barca (o nella stessa bara? ndr). Del resto, fino a 4 o 5 anni fa veniva riscontrata nel settore una bassa insolvenza nei pagamenti, mentre oggi sono in aumento anche per noi. Imprese che negli anni scorsi hanno sostenuto grossi investimenti, oggi possono trovare non poche difficoltà a marginare come un tempo, fermo restando che i mutui a loro tempo sottoscritti devono essere onorati e questo spesso può comportare conseguenti difficoltà economiche.

Si dice sempre che il vostro è un settore che non conosce crisi: quanto c’è di vero e quanto no?
Come tutti i luoghi comuni è… un luogo comune. Negli ultimi anni sono sorte molte nuove imprese di onoranze funebri che oggi che si trovano a dividere il mercato il quale, grosso modo, è sempre la stesso (penso sia il settore più contingentato che esista!). Le quote quindi diventano più piccole e, di conseguenza, chi è poco strutturato o che gode di quote minori, soffre di più.