Le cinque domande dei Consulenti del Lavoro ai politici

Le prossime elezioni saranno cruciali per determinare le sorti del Paese e gli italiani non hanno intenzione di concedere altre deroghe al Governo che si formerà.

I problemi che l’Italia si porta appresso, come un fardello che non le permette di progredire e stare al passo con i tempi, sono tanti e risaputi.
E’ giunto il momento di rimboccarsi le maniche e lavorare concretamente per risolverli.

Al fine di non far dimenticare, a quelli che diventeranno i nostri prossimi ministri, le tematiche più calde ed urgenti, i Consulenti del Lavoro hanno deciso di sottoporre ai rappresentanti dei partiti una serie di domande di strettissima attualità.

Queste domande verranno divulgate sui profili Facebook (Consiglio Nazionale Consulenti Lavoro) e Twitter (@consulentilavoro), dove saranno diffuse anche le risposte.

Eccole in anteprima:
In Italia vi è una sola grande urgenza, priorità delle priorità, l’occupazione. Come intende operare?
Se si considera che, per garantire un netto di 1.236,00 euro a un lavoratore bisogna spendere 2.648,19 euro, balza all‘occhio che è più che fondamentale ridurre il costo del lavoro.

In questi anni “liberalizzare” ha significato sempre e soltanto abbassamento della qualità (libere professioni) e concorrenza con poche tutele (chiusura delle edicole). Cosa e come intende liberalizzare? Nel nome dell’Europa e del mercato o del buon governo utile al Paese?
Il risultato delle liberalizzazioni “selvagge” è stato, nel 2012, la chiusura di duemila edicole, pesantemente penalizzate dalla concessione indiscriminata di nuove autorizzazioni per la vendita dei giornali. E questo, ancora una volta, ha portato il pesce grande a mangiare il pesce piccolo.

Per ragioni contabili vengono diminuiti i posti letto negli ospedali, vengono chiusi i tribunali, la P.A. ritarda i pagamenti per le consulenze. Intanto le professioni garantiscono con la loro attività sussidiaria il funzionamento del Paese. Ma libere professioni sono un ostacolo al mercato?
Al mercato dei liberi professionisti è molto attenta, ma soprattutto interessata, la grande industria con i servizi del terziario avanzato e delle multinazionali della consulenza; ma un certo interesse arriva anche da parte delle banche anche il mondo delle banche che volentieri arricchirebbe i propri sportelli dei servizi professionali.
Occorre ricordare che i professionisti in Italia garantiscono il 16% del PIL con un indotto occupazionale di quasi 4 milioni di unità.

Contenere la spesa senza una seria programmazione delle politiche per lo sviluppo impoverisce il Paese senza garantire un futuro ai giovani. Tante le mancate riforme ma che è necessario fare. Da dove partire?
I consulenti del lavoro suggeriscono, solo come inizio: riduzione del costo del lavoro, raccordo tra formazione e lavoro, riduzione degli sprechi della P.A., monitoraggio degli aiuti di stato alle imprese, finanziamento delle fasi di startup per giovani imprenditori e giovani professionisti, lotta all’evasione fiscale, accertamenti fiscali ma senza fare terrorismo tra i cittadini con conseguente contrazione dei consumi.

Fino a questo momento per i giovani ci sono state o dichiarazioni di principio o iniziative-bluff come le srl a un euro. Quali le iniziative concrete per dare occasioni ai giovani?
Una risposta concreta a questa domanda sarebbe un buon inizio per una ripresa seria e costante del nostro Paese.

Vera MORETTI