La Riforma del Lavoro ha introdotto, come ben sappiamo, l’ASPI, ovvero la nuova assicurazione per l’impiego che ha preso il posto dell’indennità di disoccupazione, ma forse non tutti sono al corrente che riguarda le sole imprese e non tutti i datori di lavoro.
Per fare un esempio concreto, in caso di licenziamento di collaboratori domestici, non è dovuto.
Il dubbio era nato con l’applicazione del versamento della nuova tassa all’INPS: il contributo prevede un versamento la cui somma viene calcolata in modo indipendente dalle ore di lavoro effettivamente previste dal contratto.
Un collaboratore domestico, che sia badante, colf o baby sitter, che lavora poche ore alla settimana costerebbe al proprio datore di lavoro la stessa cifra delle imprese con dipendenti impiegati per 40 ore settimanali.
Se però l’Inps chiedeva un decreto che modificasse la norma a seconda dei casi, il Ministero ha preferito chiarire semplicemente che i datori di lavoro che licenziano collaboratori domestici sono esonerati dal contributo ASPI.
Con riferimento all’introduzione di ASPI e Mini-ASPI, occorre dire che in caso di contratto a tempo indeterminato la tassa dovuta da parte del datore di lavoro che licenzia è pari al 41% del massimale mensile ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, come previsto dall’articolo 2 comma 31 della Riforma Fornero.
La tassa va pagata solo in caso di licenziamento e non quando il lavoratore dà le dimissioni o se il rapporto del lavoro viene interrotto consensualmente.
Vera MORETTI
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