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“Turismo da Festival? Marginale”

di Davide PASSONI

Prima puntata del viaggio di Infoiva a Sanremo: oltre il Festival, dentro all’economia locale. Oggi intervistiamo il presidente di Federalberghi Sanremo, l’ingegner Igor Varnero.

Il Festival è ancora un toccasana per il turismo in città?
Sicuramente consideriamo il Festival uno dei principali esempi di destagionalizzazione turistica. Al di là della crisi, da un punto di vista di immagine e di ricaduta immediata sulla città, non ha paragoni.

Durante la settimana festivaliera che cifre muove sul mercato dell’ospitalità alberghiera, in valori e percentuali, la macchina della kermesse?
Abbiamo stimato che il Festival può valere intorno alle 15mila presenze in 10 giorni, negli anni buoni anche 20mila. Sanremo, come capacità ricettiva conta su circa 1500 camere, in generale con tariffe molto buone.

Contate molto su un “effetto vetrina” del Festival?
Solo la Nazionale riesce a battere gli ascolti del Festival. Che è anche molto “esportato” all’estero: magari non come negli Anni ’80, ma gli stranieri lo seguono molto, soprattutto in Russia Sanremo È il Festival.

La Russia è per il vostro turismo un mercato di riferimento?
I russi sono i clienti estivi più numerosi, credo che in Russia Sanremo sia la quinta città italiana come percepito popolare, dopo le quattro maggiori città d’arte. In questo senso la ricaduta sulla nostra economia è rilevante ma difficile da calcolare.

Perché?
Il Festival assomiglia più a una fiera di settore che a un festival musicale. Il “turismo da Festival” è marginale, quello che fa lievitare le presenze è tutto il seguito di addetti ai lavori: manager, artisti, discografici, giornalisti…

Siete già al tutto esaurito?
No, contiamo ancora delle disponibilità; credo che al tutto esaurito si arriverà nel weekend finale. Veniamo da 5 anni di crisi molto dura e anche il Festival ne risente; una crisi i cui effetti sul mercato musicale sono stati acuiti dai fenomeni della musica online e della pirateria. Una volta c’era tutto un mondo di cui, non lo nascondo, abbiamo potuto godere e che oggi non c’è più: negli Anni ’80 quando si muoveva un cantante si muoveva con lui una cinquantina di persone, ora le cose sono diverse.

Festival a parte, come sono gli umori degli albergatori sanremesi che guardano alla prossima stagione estiva?
La situazione è complicata. A causa della crisi abbiamo pagato sul mercato italiano la stagionalità, ma tutto sommato le ultime stagioni estive sono andate bene. C’è stato un recupero della clientela straniera in generale e, come detto, di quella russa in particolare; tornano gli scandinavi e Sanremo stessa ha cambiato immagine e sostanza negli ultimi anni, modificando la percezione turistica della città: ora la riqualificazione del percorso della vecchia ferrovia e della passeggiata lungomare ne hanno cambiato il volto, l’hanno resa ancora più bella.

Che misure utilizzate per evitare che, in questa settimana, qualche albergatore faccia il furbo con i prezzi, come qualcuno accusa?
Il mercato è libero e non sono le associazioni di albergatori a fare pressioni per regolarlo in tal senso. I prezzi seguono la domanda: quando c’è, il prezzo sale. È una polemica che si può fare ovunque, da Milano a New York. Detto questo, i prezzi medi degli hotel a Sanremo durante il Festival non mi sembrano fuori mercato.

Pensa che le strutture ricettive della città siano all’altezza, in termini di quantità e qualità, di quanto il turista si aspetta da Sanremo?
Scontiamo un problema strutturale del turismo italiano, e ligure in particolare. Deve pensare che l’investimento in strutture alberghiere è molto pesante: solo per rifare una camera si possono spendere 20-25mila euro. Si parla quindi di milioni di euro per riqualificare le strutture. Siamo in crisi marcata dal 2002: l’11 settembre ci ha tolto il turismo americano e l’ingresso nell’euro ha ridotto pesantemente i margini per chi opera nel settore, rispetto a località del mondo nelle quali il lavoro, l’energia, i servizi costa la metà rispetto all’Italia. Capisce che la capacità di investimento delle aziende è rimasta segnata.

E la Liguria?
La Regione Liguria è molto debole negli investimenti sul turismo, perché è piccola e i finanziamenti agli hotel arrivano col contagocce. La Liguria investe 2 milioni e mezzo di euro all’anno in promozione, quando regioni come il Trentino o il Piemonte ne mettono sul piatto fino a 40. Di conseguenza le nostre aziende soffrono.

A scapito della qualità degli standard ricettivi?
La qualità media degli alberghi 3-4 stelle a gestione familiare di Sanremo è in linea con gli standard di mercato, altri invece hanno investito meno e si vede.

E la logistica?
La Liguria è tagliata fuori dagli investimenti ferroviari e i turisti, di conseguenza, si muovono su strada; peccato che abbiamo un’autostrada che risale agli Anni ’70 con tutti i suoi limiti e che, complici l’aumento delle tariffe e il caro benzina, andare in vacanza in auto stia diventando un lusso…

Vi sentite la “periferia dell’impero”?
Da Sanremo a Roma in treno ci vogliono 7 ore, 4 per andare a Milano, mentre da Ventimiglia a Parigi che ne vogliono 6. Abbiamo a mezz’ora di auto un aeroporto internazionale, Nizza, tra i più importanti della Francia e noi stiamo cercando di sfruttarlo creando un collegamento low cost con la Riviera. Noi, mentre qualcun altro avrebbe dovuto essere attento e pensarci… La politica non dà risposte all’economia: il turismo non si fa in un posto che non si può raggiungere o che si raggiunge con costi e tempi troppo elevati.

E quindi tocca agli imprenditori metterci una pezza…
La forza dell’Italia, anche nel campo alberghiero, sono le piccole imprese, che investono non solo per fare soldi ma anche per passione: secondo me questa visione è un trampolino di lancio, non un ostacolo. Ecco perché a Sanremo, così come e in tante altre parti d’Italia non ci sono multinazionali dell’hotellerie.

Direttore

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