di Davide PASSONI
Si è da poco concluso, in Fiera a Milano, il Micam, la più importante fiera calzaturiera d’Italia e, probabilmente, d’Europa. Un appuntamento che serve, oltre che a fare business e a mettere in vetrina l’eccellenza delle scarpe made in Italy, a misurare lo stato di salute di un settore chiave per l’economia italiana. Un settore che è l’espressione esatta di ciò che significa impresa in Italia: migliaia di piccole realtà artigianali, poche realtà più strutturate, un indotto che, spesso coincide con quello del territorio nel quale l’azienda opera, un’altissima qualità del prodotto e della manodopera impiegata per realizzarlo.
Se dall’appuntamento milanese è emerso un aumento di visitatori e, quello che più conta, di buyer stranieri – da Russia, Estremo Oriente, Francia e repubbliche ex sovietiche il maggior numero di compratori esteri -, restano comunque i dati sotto i quali il Micam si è aperto e con i quali ha dovuto fare i conti durante i giorni di fiera. Parliamo di un analisi elaborata da Diomedea per conto di Anci sull’andamento del comparto calzaturiero italiano nel 2012. Un bilancio tra luci e ombre, nel quale le ombre devono far riflettere.
Lo scorso anno il fatturato del comparto è stato di 7,1 miliardi di euro, con una flessione dell’1,4% in valore rispetto all’anno precedente; la produzione, invece, si attestata al di sotto dei 200 milioni di paia, con un calo del 4,1% rispetto al 2011. Import ed export hanno registrato andamenti contrastanti. Se le importazioni sono scese in valore del 5,3% e in volumi del 15,6% (dato preoccupante…), l’export, vera locomotiva della nostra economia, ha avuto delle curve schizofreniche: cresciuto
del 2,8% in valore, ha invece fatto registrare un calo del 6,2% in termini di volumi, specialmente a causa del calo della domanda interna (-3,8%) e di quella di alcuni Paesi europei tra i quali, insospettabilmente, la Germania, calata dell’8,5%. Fortunatamente la forte domanda dall’area Bric ha fatto “tenere” l’export verso alcuni mercati chiave (Cina-Hong Kong +27,6%, Russia +14,7%), ma il trend non è bastato per mantenere, in Italia, i livelli di occupazione: secondo l’Anci, lo scorso anno hanno chiuso circa 250 aziende del settore, che ora conta su poco più di 5300 imprese attive (5356).
Un dato preoccupante, che però il “sistema scarpa” italiano sta cercando di rendere meno amaro con operazioni di promozione forte della calzatura italiana all’estero. Va in questa direzione l’imminente theMicamShanghai, appuntamento nato dall’accordo con Fiera Milano che potrebbe estendersi agli Stati Uniti; intanto, però, dal prossimo 9 aprile sarà nella metropoli cinese in concomitanza con la Shanghai Fashion Week e vedrà nei padiglioni 240 espositori, metà dei quali stranieri. Se l’export è il salvagente cui aggrapparsi aspettando tempi migliori, iniziative come queste sono solo da appoggiare. Perché a fine 2013 non vorremo trovarci di nuovo a fare la triste conta delle imprese calzaturiere fallite.
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