di Davide PASSONI
C’è una piaga, cattiva e tenace da sanare, nel tessuto produttivo e imprenditoriale italiano. Una piaga ormai quasi del tutto infetta: è la piaga dei pagamenti ritardati, o persino mancati, da parte della Pubblica Amministrazione verso le sue imprese creditrici.
Solo la scorsa settimana c’è stato il richiamo fermo e preoccupato del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Urgente sbloccare pagamenti della PA alle imprese. Se non ci saranno interventi tempestivi, la crisi si acutizzerà. L’economia reale torni al centro dell’attenzione” aveva detto ricevendo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.
Bastano due dati per far riflettere sullo scandalo: ammontano a circa 90 miliardi di euro i crediti vantati dalle imprese nei confronti della PA, PA che paga mediamente a 180 giorni (quando paga…), contro una media Ue di 65. Cifre che ammazzerebbero, nel giro di pochi anni, il tessuto produttivo di qualsiasi Paese.
Abbiamo scelto di dare solo due cifre, indicative del fenomeno, per fare in modo che durante la settimana escano piano piano gli altri numeri dello scandalo attraverso le voci di chi vive d’impresa (o cerca di farlo) e attraverso dati e ricerche. Perché un Paese civile non può permettere questo scempio quando già la crisi fa strage di aziende e professionisti. Perché, in un momento nel quale la politica e la Pubblica Amministrazione sono sotto la luce costante del riflettore dell’opinione pubblica, uno Stato asimmetrico e predatore è anacronistico e intollerabile: non solo per una questione di equità, ma anche per una questione di sopravvivenza del Paese.
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