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Debiti PA, se le imprese sono critiche…

Sono loro, le imprese, quelle che per prime dovrebbero beneficiare del decreto sbloccacrediti della PA. E sono loro una delle voci più critiche nei confronti del decreto in questione. È infatti una bocciatura su tutta la linea quella che Rete Imprese Italia fa alle risorse previste del decreto: secondo l’associazione, le risorse in questione sono considerate insufficienti e, nella loro inapplicabilità fanno il paio con la disciplina di Imu e Tares, i cui adempimenti per le aziende sono, secondo Rete Imprese, insostenibili.

Secondo il portavoce di Rete Imprese Italia Ivan Malavasi, sentito in audizione alla Camera sul decreto, i fondi previsti sono “insufficienti” rispetto “all’esigenza di pagare l’ammontare dei debiti accumulati verso il sistema delle imprese“. Secondo Rete Impresa Italia, dunque, “è fondamentale che le risorse stanziate entrino quanto prima nel ciclo produttivo e che le risorse trasferite dalle Regioni agli enti locali siano utilizzate esclusivamente per pagare i debiti commerciali“.

Parole che rischiano di restare un grido inascoltato, in un momento nel quale la situazione è estremamente pesante e delicata, come traspare dalle parole che Malavasi ha utilizzato durante la sua audizione: “La capacità di resistenza delle imprese è allo stremo. Non hanno più disponibilità finanziarie e le banche stanno forzando la richiesta di rientro dalle anticipazioni su fatture scadute. A queste imprese il decreto avrebbe dovuto dare risposte certe che invece non arriveranno“.

L’attacco di Malavasi coinvolge anche la filosofia che sta alla base del provvedimento; secondo il portavoce di Rete Imprese Italia, questa è “alquanto complessa e non mette mai al centro dell’attenzione il diritto delle imprese ad essere pagate, ma anzi si fonda sulla regolazione degli scambi tra Pa“. Ecco perché Malavasi ha anche sottolineato la ratio che sta alla base della richiesta di una clausola di salvaguardia da parte dell’associazione delle piccole e medie imprese: questa nasce infatti dalla convinzione che la nomina di un commissario ad acta, qualora non vi fosse una risposta da parte dell’amministrazione all’istanza del creditore, “non offra certezza in ordine ai tempi di risposta“, ha detto Malavasi. Di qui, ha concluso, nasce la proposta di equiparare “l’eventuale silenzio dell’amministrazione all’atto di certificazione del credito“.

Malavasi non ha poi risparmiato critiche alla Tares e all’Imu, per le quali Rete Imprese Italia chiede sensibili modifiche alla disciplina. “Le imprese, oltre ad essere sottoposte ad una pressione fiscale insostenibile, devono subire anche pesanti oneri burocratici dovuti alla numerosità e complessità degli adempimenti amministrativi, in particolar modo di quelli fiscali, spesso, dipendenti dalla necessità di soddisfare esigenze di contabilità pubblica“, ha concluso Malavasi. Un’audizione dai toni accesi e accorati. Qualcuno avrà fatto lo sforzo di ascoltarla?

Redazione

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