Giovanni Pitruzzella sulla liberalizzazione delle professioni

In occasione dell’audizione del 4 giugno scorso, avvenuta presso la Commissione Attività produttive della Camera, dove è in corso la Relazione al Parlamento riguardante la liberalizzazione delle attività economiche e la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese svolta, Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato, ha sottolineato che le disposizioni normative introdotte negli ultimi anni e la loro attuazione regolamentare hanno contribuito ad aprire il mercato dei servizi professionali regolamentati.

Le misure adottate hanno contribuito:

  • all’abolizione dell’obbligatorietà delle tariffe professionali e del divieto di pubblicità da parte dei professionisti;
  • al libero accesso alle professioni non regolamentate;
  • all’ampliamento della pianta organica e della dimensione geografica dei distretti dei notai; alla fornitura di servizi professionali anche attraverso società di capitali.

Ciò che Pitruzzella ha voluto specificare è che, anche in questo settore, la regolamentazione deve intervenire solo se necessario a tutelare interessi pubblici che sarebbero altrimenti sprovvisti di effettiva tutela.

Le norme introdotte, però, a volte rischiano di essere vanificate da alcuni riferimenti circa l’adeguatezza del compenso del professionista rispetto al decoro professionale e l’importanza dell’intervento.
Quando ciò avviene, ammonisce il garante, il rischio che si reintroducano le tariffe di riferimento per le prestazioni professionali diventa concreto, tanto da far dimenticare la liberalizzazione apportata in proposito dalle normative.

Inoltre, il riferimento all’adeguatezza della tariffa, oltre che estremamente generico, non è affatto necessario per garantire la qualità delle prestazioni, a fronte, peraltro, del potere in capo agli ordini professionali di indagare sulla corretta esecuzione della prestazione professionale nel suo complesso, secondo parametri qualitativi.

Riferendosi poi alla legge del 1913 che regolamenta la professione notarile, la quale qualifica come “illecita concorrenza” tra notai, perseguibile con sanzioni disciplinari, la possibilità, tra l’altro, di effettuare “riduzioni di onorari, diritti o compensi” o, più in generale, di servirsi “di qualunque altro mezzo non confacente al decoro e al prestigio della classe notarile”, Pitruzzella, la definisce una previsione che mantiene ingiustificate forme di controllo, da parte dell’Ordine, sulla libertà dei professionisti di organizzare la propria attività, con esplicito riferimento alla determinazione dei compensi richiesti per le proprie prestazioni e ciò a fronte della liberalizzazione dell’esercizio dell’attività professionale e della determinazione delle relative tariffe.

Qualche perplessità ha suscitato nel presidente dell’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato anche la recente riforma forense: l’eliminazione dell’obbligo di fornire un preventivo in forma scritta unitamente alla previsione di parametri per la determinazione del compenso spettante agli avvocati sembrano, in sostanza rappresentare un passo indietro rispetto all’integrale abrogazione delle tariffe.

Inoltre va ricordato che i criteri per la distribuzione geografica delle sedi dei notai sono tuttora orientati a garantire determinati livelli di attività e di reddito ai professionisti interessati.
In questo ambito, l’Antitrust si riferisce al criterio distributivo delle sedi notarili basato su un livello minimo di domanda, che stabilisce che la distribuzione delle sedi notarili tra i Comuni dei vari distretti sia basata sulla garanzia, per ogni singolo notaio, di un livello minimo di domanda (popolazione di almeno 7.000 abitanti) e di un livello minimo di reddito annuo (almeno 50.000 euro di onorari professionali repertoriali).

Pitruzzella si scaglia anche contro gli ostacoli all’accesso alle professioni, già nella fase di ammissione ai corsi universitari formativi per il futuro svolgimento della professione.
Occorrerebbe tenere conto del “fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo”, criterio non strettamente legato all’offerta formativa delle università e idoneo a restringere ingiustificatamente l’accesso ai corsi di laurea prppedeutici all’esame di abilitazione professionale.

Vera MORETTI

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