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Merletti: “Il mercato globale salverà l’artigianato”

 

In questa nostra settimana dedicata alla produzione artigianale, non potevamo non chiedere un’opinione al Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti, sullo stato di salute dell’artigianato italiano. Il massimo dirigente dell’organizzazione italiana dell’artigianato e della micro e piccola impresa, saluta con positività l’arrivo delle nuove tecnologie digitali nel mercato e sottolinea l’importanza e l’impazienza per nuovi interventi legislativi mirati a valorizzare la qualità della produzione made in Italy.

Come rispondono gli artigiani alla crisi economica rispetto agli altri settori?
Gli artigiani sono stati segnati profondamente dalla crisi che ha picchiato duro e ha fatto selezione tra le aziende. Ma i piccoli imprenditori manifestano anche straordinarie doti reattive. Molti hanno vissuto le difficoltà come occasione per cambiare e per innovare, altri hanno prodotti e clienti non sostituibili, altri ancora hanno stretto la cinghia e, pur di resistere, hanno ridotto i margini di profitto.

Quale sarà il futuro delle aziende che operano soltanto per il mercato interno?
Confartigianato tiene monitorati i settori nei quali ci sono opportunità di sviluppo per chi vuole mettersi in proprio. Tra questi: information technology, green economy, agroalimentare, tutela ambientale, servizi alle persone, attività ricreative. La nostra più recente rilevazione mostra che, pur tra mille difficoltà, c’è un piccolo esercito di 332.488 imprese artigiane che, negli ultimi 4 anni, hanno fatto registrare un trend positivo, con una crescita media del 7,1% del numero delle aziende, pari a 22.076 nuove imprese. Tutela dell’ambiente, manutenzione degli impianti industriali, alimentazione guidano la classifica dei comparti con il maggior tasso di sviluppo imprenditoriale.

Solo il perdurare della domanda estera salverà l’artigianato italiano?
Servono interventi mirati a valorizzare la qualità della produzione made in Italy. Chi guida il Paese deve difendere, con orgoglio e determinazione, il ‘modello Italia’. A questo proposito, la competitività della nostra manifattura sul mercato interno e internazionale va sostenuta eliminando costi e vincoli che ci penalizzano rispetto ai competitor stranieri. Purtroppo, oggi, a fronte degli sforzi e dei sacrifici compiuti dai nostri imprenditori, continuiamo a non vedere cambiamenti nelle condizioni di contesto per agganciare la ripresa. Anzi. In tema di fisco, burocrazia, credito, servizi pubblici, si moltiplicano gli oneri e i vincoli sulle spalle degli imprenditori.

In ogni crisi economica c’è un’opportunità?
Mercato globale, reti, tecnologie digitali sono i tre ingredienti della ricetta degli imprenditori di Confartigianato per guardare con fiducia al prossimo futuro. La crisi è un’occasione per rilanciare la qualità del modello produttivo italiano e la strada per raggiungere questo obiettivo consiste anche nella capacità degli imprenditori di cambiare se stessi, puntando su reti e tecnologie digitali, fattori abilitanti per affermarsi su un mercato che è già globale per tutti i settori, anche per quelli che operano all’interno dei confini nazionali. Le reti sono forme di collaborazione necessaria per rompere l’isolamento non più possibile per le imprese.

Perché un giovane d’oggi dovrebbe avventurarsi in una così difficile impresa?
Perché nell’artigianato c’è innovazione e c’è spazio per la creatività. Però bisogna liberarsi dai pregiudizi che accompagnano l’educazione delle nuove generazioni. Oggi l’impresa artigiana non è più la bottega polverosa dei nostri nonni. I nuovi artigiani sono ragazzi che inventano app per smartphone, sono i ‘meccatronici’ che riparano auto sempre più hi-tech, sono i talenti della moda che disegnano capi d’abbigliamento e gioielli, sono i produttori del buon cibo made in Italy, i restauratori dei tesori dell’arte che il mondo c’invidia. Ma la scuola non deve ‘deviare’ i giovani con falsi modelli. Purtroppo, paghiamo decenni di politiche formative sbagliate, un modello culturale che contrappone il sapere al saper fare, la cultura accademica e la conoscenza teorica alle competenze pratiche. E così i giovani non trovano lavoro, le aziende non trovano i lavoratori e si bloccano le potenzialità di crescita del Paese.

Jacopo MARCHESANO

redazione3

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