Il dato reso noto da Istat non è certo passato inosservato, perché, nel terzo millennio, si sta assistendo ad un ritorno alle condizioni di mezzo secolo fa.
La crisi economica, infatti, ha dato una pericolosa battuta d’arresto al progresso, in particolare per quanto riguarda le famiglie italiane, ora per un terzo a rischio di povertà.
Rispetto al 2011, l’indicatore è cresciuto dell’1,7%, ed è elevato di 5,1 punti percentuali rispetto alla media europea.
L’indice prende in considerazione coloro che sperimentano almeno una tra queste tre condizioni: rischio di povertà (parametro in linea con il 2011 al 19,4%, dopo l’incremento vissuto tra il 2010 e il 2011), severa deprivazione materiale (aumentata dall’11,2% al 14,5%) e bassa intensità di lavoro (condizione rimasta stabile rispetto al 2010 al 10,3%).
Cil che allarma, tra queste voci, è l’impennata della “severa deprivazione”, ovvero di quegli individui che vivono in famiglie che non possono permettersi durante l’anno una settimana di ferie lontano da casa (dal 46,7% al 50,8%), che non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 18% al 21,2%), che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 38,6% al 42,5%) o che, se volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 12,4% al 16,8%).
A livello geografico questa condizione si concentra soprattutto nel Mezzogiorno: +5,5 punti (dal 19,7% al 25,2%), contro +2 punti del Nord (dal 6,3% all’8,3%) e +2,6 punti del Centro (dal 7,4% al 10,1%). Si tratta soprattutto di famiglie numerose (39,5%) o monoreddito (48,3%).
Aumenti significativi si sono registrati soprattutto tra gli anziani soli (dal 34,8% al 38,0%), i monogenitori (dal 39,4% al 41,7%), le famiglie con tre o più figli (dal 39,8% al 48,3%), se in famiglia vi sono almeno tre minori.
Vera MORETTI
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