Quando si va in vacanza, al momento di decidere la destinazione ci sono molti aspetti che vengono considerati, in particolare quando la meta finale è all’estero.
Gli italiani, in particolare, hanno dimostrato di essere molto selettivi nei confronti dei Paesi che richiedono il pagamento di una tassa di soggiorno al momento della prenotazione.
E’, infatti, il 45,7% dei partenti che ne tiene conto, e che al momento della prenotazione storce il naso se deve pagare questa tassa, per poi magari decidere di spostarsi verso altri lidi proprio per evitare questo obbligo.
A segnalare questa tendenza è uno studio effettuato dall’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno curato dalla societa’ Jfc, che rende noto come solo per il 17,1% non fa differenza la presenza o meno della tassa di soggiorno.
Ben il 79,6% dei nostri connazionali manifesta poi la propria contrarietà a questo balzello.
Tra coloro che giudicano negativamente la tassa di soggiorno, il 31,1% la reputa “odiosa, inutile, è un abuso ed una truffa legalizzata”; il 16,3% la considera “un’altra tassa sulla testa degli Italiani”, per il 15,7% rappresenta un “deterrente nella scelta del luogo di vacanza”, mentre l’11,7% afferma che la sua applicazione “non viene utilizzata per fini turistici”.
Claudio Albonetti, presidente di Assoturismo-Confesercenti, non ha dubbi: “La tassa di soggiorno è una gabella di stampo medievale. Siamo convinti che la tassa di soggiorno altro non sia che una esigenza dei comuni in emergenza economica per poter affrontare questioni completamente al di fuori del turismo. Niente di quel che i comuni incasseranno tornerà al turismo ma servira’ a ristorare le dissestate casse comunali. E’ una ennesima occasione persa per aiutare lo sviluppo turistico del Paese. Applicata in questo modo poi, con qualche comune che la applica e altri no, introduce momenti di confusione e di sconcerto, specialmente per gli stranieri”.
Vera MORETTI
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