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Il turismo è il petrolio dell’Italia? Ancora per poco…

di Davide PASSONI

Provate a digitare nella stringa di ricerca di Google, sezione News, la parola Bit, ovvero la Borsa Internazionale del Turismo che si è appena chiusa a Milano. Ebbene, nella prima pagina di risultati troverete quasi solo notizie relative a stand che hanno presentato a Milano l’offerta turistica delle singole regioni italiane.

Un risultato che è lo specchio più fedele di uno dei principali motivi per i quali la nostra industria turistica non riesce a esprimere tutte le potenzialità delle quali sarebbe capace: l’incapacità, anche qui, di fare sistema. Una incapacità che si traduce in occasioni perdute, prima fra tutte quella di avere una regia unica per il sistema turistico italiano che consenta di far restare sul territorio la maggior parte della ricchezza che il turista straniero porta con sé.

Per non parlare di un sistema infrastrutturale e dei trasporti e di un sistema aeroportuale che ci collocano agli ultimi posti in Europa per efficacia del servizio. Come poter immaginare uno scenario diverso in un Paese dove ogni città fa a gara per avere un suo aeroporto, moltiplicando costi e spese e frammentando in modo sterile l’offerta logistica per i passeggeri?

O ancora, tralasciando la qualità media dell’offerta ricettiva in Italia, non all’altezza degli standard europei, proviamo a guardare al mondo di INFOIVA, internet. L’acquisto di viaggi, vacanze e soggiorni è, sul web, una delle attività più diffuse al mondo e l’universo del turismo è uno di quelli che maggiormente sono stati cambiati dalla rivoluzione digitale. Ecco, confrontiamo il portale-vetrina dell’Italia e del suo turismo, Italia.it, con quello del nostro maggior competitor europeo, la Spagna e il suo spain.info. Bastano due aspetti per decretare un verdetto impietoso: il numero di lingue in cui il sito è disponibile e la presenza o l’assenza sulla home page del box che consente di organizzare e acquistare il proprio viaggio e la propria vacanza nel Paese. Siamo sconfitti nettamente, come nella finale dell’ultimo Europeo di calcio.

Insomma, pizza, spaghetti, mandolino, Colosseo, Ponte Vecchio, le gondole, il barocco, la Costa Smeralda, la piadina, lo speck o il Museo Egizio da soli non bastano più. E nemmeno se lasciati alle cure della regione che li ospita o ha dato loro i natali potranno brillare in un panorama turistico globale che cambia rapidamente quanto la tecnologia e gli scenari geo-economici. In questo caso, la conservazione dell’identità locale potrebbe trasformarsi, anziché in una opportunità di promozione, in una chiusura che rischia di spegnere ogni possibilità di sviluppo.

Chi ha a cuore le sorti del turismo e, soprattutto, chi deve legiferare per rilanciare il settore, tenga conto di tutto questo.

Direttore

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