Pochi giorni dopo la proposta sulla regolamentazione dello Smart Working nei CCNL depositata alla Camera, il comune di Milano, in particolare l’assessore alla Qualità della Vita del Comune, Chiara Bisconti, con il sostegno di una cordata trasversale che include Abi e Cgil, Assolombarda e Sda Bocconi, ha voluto dedicare una giornata al «Lavoro Agile». Molte aziende lombarde hanno aderito e hanno permesso ai loro dipendenti di lavorare da casa senza recarsi negli uffici del capoluogo, così come 200 lavoratori del Comune.
Uno studio della School of Managament del Politecnico di Milano aveva già evidenziato come lo smart working salverebbe la bellezza di 37 miliardi di euro all’anno di spese, tra aumento di produttività ( ben 27 miliardi) e taglio dei costi (altri 10 miliardi). Con benefici per la collettività che andrebbero al di là dell’aspetto puramente aziendale: 4 milioni di euro in meno a carico dei cittadini ed emissioni di CO2 ridotte di 1,5 milioni di tonnellate.
Ma tra i pro spunta anche qualche contro, per la maggior parte culturale, che avvalora ancor più la tesi espressa nei giorni scorsi dal presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni.Per le aziende, la mancanza di uno spazio fisico limita le procedure di controllo degli impiegati. Per gli assunti, il telelavoro è associato inevitabilmente a precarietà, con i relativi dubbi sulla crescita professionale futura.
Jacopo MARCHESANO
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