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Divorzio breve, è la volta buona?

Quella del cosiddetto “divorzio breve” è una questione che periodicamente si ripresenta in Italia, per diversi motivi. Intanto perché le cause relative a questo ambito contribuiscono non poco ad aumentare l’arretrato civile, che non è di lieve entità: si parla di 5,4 milioni di cause. Poi, per tutto il retaggio cattolico che permea la cultura del nostro Paese e che, secondo molti, è il vero ostacolo a un’evoluzione più moderna dell’istituto del divorzio.

Fatto sta che anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato, tra le misure per fronteggiare l’enorme mole di processi civili pendenti, un provvedimento in materia di divorzio breve. Il Guardasigilli ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia, al Senato e, tra le quattro emergenze da affrontare subito (arretrato civile, lotta alla criminalità organizzata, mancanza di personale e sovraffollamento carcerario), quella dell’arretrato civile, lo preoccupa maggiormente. Ecco perché Orlando vorrebbe fare in modo che le cause pendenti che ingolfano i tribunali siano risolte con procedure alternative o trasferite in una sede arbitrale. Tra esse vi sono separazioni e divorzi.

All’inizio del mese, dalla Commissione giustizia della Camera era stato licenziato un testo bipartisan sul divorzio breve presentato da Alessandra Moretti (Pd) e Luca D’Alessandro (Fi), da discutere in aula entro maggio. Punti salienti erano che tra la separazione e il divorzio dovesse passare un anno, invece dei tre previsti oggi (9 mesi se la coppia non ha figli minorenni) e che la decorrenza del tempo partisse non dalla prima udienza di fronte al presidente del Tribunale, ma dal deposito della domanda di divorzio.

Un testo buono, sul quale Orlando è intervenuto inserendo la novità dell’accordo senza tribunale, sul modello francese: basterebbe l’accordo tra gli avvocati. Un modello proposto a gennaio dal ministro della Giustizia transalpino Christiane Taubira, che ha commissionato anche un rapporto per verificare la possibilità che sia un cancelliere e non un giudice a sancire i divorzi consensuali. Anche in Francia, come da noi, lo scopo della proposta è quello di decongestionare i tribunali civili. Secondo il ministro, “l’accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell’intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap”. Staremo a vedere quale destino avrà questa proposta…

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